martedì 7 marzo 2006

A proposito di eutanasia pediatrica

Chiudi gli occhi e smetti di provare dolore
di Chiara Lalli
(da Il Giornale di Sardegna, 7 marzo 2006)

Nelle prossime settimane in Olanda una commissione sarà incaricata di regolare l’eutanasia pediatrica. L’Olanda sarà il primo paese al mondo a permettere di porre fine alla sofferenza di bambini affetti da terribili malattie.
La piccola Chanou nasce nel 2000 con una grave anomalia metabolica; piange continuamente, soffre e prova intenso dolore non appena la si sfiora. Nutrita artificialmente, ha una prospettiva di vita (dolorosa) inferiore ai tre anni. I genitori implorano i medici di farla smettere di soffrire. Quando Chanou ha sette mesi le è sospesa l’alimentazione e somministrata della morfina. Secondo i genitori la bimba ha sofferto anche troppo, più di quanto avrebbe dovuto. I medici aiutano a morire i bambini tanto gravemente ammalati, con il consenso dei genitori, ma con il timore di essere perseguiti per omicidio. In un futuro prossimo non accadrà più. Ci sarà la possibilità di farlo alla luce del sole. Seguendo le linee guida di Eduard Verhagen, direttore di una Clinica Pediatrica a Groningen, che ha indotto il governo olandese ad affrontare una questione tanto delicata e discussa.
Le argomentazioni di Verhagen a favore dell’eutanasia infantile sono convincenti e ragionevoli: se un bambino è condannato a morire senza possibilità di guarigione, non sarebbe giusto evitargli tutta quella sofferenza che intercorre tra ‘adesso’ e l’inevitabile morte (spesso imminente)? E ancora, se si ammette, in simili circostanze, di lasciare morire il bimbo sospendendo i trattamenti e l’alimentazione, perché non si dovrebbe ammettere la somministrazione di una sostanza letale? L’ammissibilità dell’eutanasia passiva è abbastanza condivisa di fronte ad una grave malattia incurabile; ma quando dal lasciar morire si passa al provocare la morte direttamente, l’accettazione muta in condanna. Basta immaginare uno scenario diverso per capire che dal punto di vista morale, in verità, non esiste una simile differenza. Come domanda Verhagen: c’è forse una differenza tra il guardare un uomo annegare senza alzare un dito e spingerlo in acqua? La risposta giusta è: no.
È terribile per un medico rinunciare a guarire, ma accanirsi a prolungare una sofferenza che nemmeno potenti antidolorifici alleviano è altrettanto terribile. L’Olanda ha il coraggio di non essere ipocrita. Fondamentale ricordare che permettere l’eutanasia (sia nel caso dei bambini che degli adulti) in nessun caso implicherebbe una imposizione, ma costituirebbe soltanto una possibilità, in circostanze tragiche e in caso di accordo dei genitori e di diversi medici. I criteri sono piuttosto severi, dunque.
I genitori di Chanou sono riconoscenti a Verhagen e sono assolutamente convinti che la scelta, drammatica e amara, di darle la morte sia quella giusta, come unica ed estrema possibilità di interrompere un dolore irrimediabile e insensato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

bene o male che sia lascio a voi decidere...
fatto sta che sono anni luce avanti rispetto al dibattito pubblico italiano!!!

Anonimo ha detto...

Non solo al dibattito, ma anche dal punto di vista giuridico e sociale.