venerdì 1 settembre 2006

L’embrione non è un malato terminale

È il titolo di un articolo di oggi su Il Foglio a commento di Embrioni orfani, che fare? I cattolici si dividono, di Lucetta Scaraffia, “Il Corriere della Sera”, 31 agosto 2006:

[…] Ma gli embrioni non sono malati terminali, bensì esseri all’inizio del loro percorso vitale. Lo ricordano in modo eloquente le foto di George W. Bush attorniato da decine di bambini “fiocchi di neve”, salvati dai congelatori da donne, nella stragrande maggioranza dei casi già madri, che hanno accettato con amore di ospitare in grembo quelle vite sospese. È sorprendente che lo studioso non si renda conto di come, con la sua teoria, dia un formidabile argomento a chi non vede l’ora di mettere le mani sugli embrioni sovrannumerari per la ricerca (se sono morituri, perché non considerarli come donatori di organi, cioè di staminali, come sussurrano suadenti vecchi e nuovi adepti della tecnoscienza?). È sorprendente, insomma, che Pessina si faccia portavoce di una visione debole e in fondo rinunciataria dell’umanità forte e piena dell’embrione e del suo diritto alla vita. Se al centro del problema c’è il bene umano, non può non essere evidente che il bene dell’essere minuscolo chiamato alla vita e poi abbandonato è quello di avere un’opportunità di nascita. A meno di non volerlo considerare un essere umano di serie B perché privato in corso d’opera di “progetto parentale”.
È sorprendente che la foto di Bush attorniato da bambini venga considerata un argomento a favore di una posizione.
È sorprendente altresì che si definisca “visione debole” quella che non attribuisce lo statuto di persona all’embrione (che la posizione di Pessina possa essere debole è un’altra storia: soprattutto è contraddittoria).
Ma forse è sorprendente sorprendersi di quanto Il Foglio pubblica...

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