venerdì 6 ottobre 2006

Ancora sulla legalizzazione della vendita di organi

Amy L. Friedman ritorna sulla questione della legalizzazione della compravendita di organi per il trapianto da vivente («Payment for living organ donation should be legalised», British Medical Journal 333, 2006, pp. 746-48), e lo fa pronunciandosi a favore di questa possibilità. Il suo argomento fa leva soprattutto sull’incongruenza tra rifiuto di principio del pagamento per reni e fegato, e accettazione del pagamento per sangue, ovociti e maternità surrogata; ma la sua validità è chiaramente limitata agli Usa, dove queste pratiche sono legali, al contrario di quel che avviene generalmente in Europa (dove tutt’al più si potrebbe fare il paragone con la legalizzazione – seppure parziale – della prostituzione).
All’obiezione principale, che il pagamento degli organi si risolverebbe nello sfruttamento dei più bisognosi, la Friedman risponde con un altro paragone, quello con il servizio nelle Forze Armate; ma anche questo esempio è molto più cogente negli Stati Uniti che nei paesi europei. Un confronto più generalizzabile sarebbe forse quello con i cosiddetti mestieri usuranti, che di regola sono appannaggio dei ceti svantaggiati (e che vengono remunerati per di più in maniera non sempre congrua ai rischi per la salute che comportano).
Esiste naturalmente una forma paradossale di paternalismo alla base di questa obiezione: per proteggere i poveri si impedisce loro di migliorare la propria condizione. Sospetto che questo paradosso si mostrerà comunque tanto più efficace nel contrastare la compravendita di organi in un dato paese, quanto più alta e diffusa vi sarà la sensibilità verso le ineguaglianze economiche. Tutto sta a vedere, naturalmente, quanta ipocrisia si celi in quella sensibilità; senza dimenticare, come fa giustamente notare Amy Friedman, che anche tra coloro che hanno bisogno di un trapianto di rene i poveri sono presenti in misura percentualmente sproporzionata.

5 commenti:

Ivo Silvestro ha detto...

Ogni vendita è anche un acquisto: che il problema stia tutto qui?
Non ho letto l'articolo di Amy Friedman, e non ho neppure seguito la discussione sul tema, ma il divieto potrebbe riguardare più l'acquisto, il che darebbe ai ricchi l'esclusiva o quasi dei trapianti, che la vendita, che si potrebbe (ma il discorso mi convince poco) configurare come una possibilità di migliorare la condizioni di chi è povero con organi sani.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Cioè vuoi dire che solo a un servizio sanitario statale (là dove esiste) dovrebbe essere concesso di acquistare gli organi da trapiantare?

Anonimo ha detto...

Mi sembra ridicolo che per migliorare la condizione dei poveri si permetta di vendere il corpo a pezzi. Con la scusa di lasciarli liberi.

Marco

Ivo Silvestro ha detto...

Solo un servizio sanitario statale dovrebbe poter acquistare organi?
È una possibilità: non credo sia contro la libertà il monopolio statale di una "merce" particolare come gli organi.
Le mie sono riflessioni in itinere: non ho mai pensato molto ai lati commerciali della donazione degli organi.
Mi sembra comunque il problema della medicina moderna: la salute è un diritto, ma è, purtroppo, anche un costo.

Anonimo ha detto...

Perché la donazione di un organo a pagamento deve per forza essere appannaggio di un povero? Personalmente ho pensato di iscrivermi alla lista dei donatori di midollo, ma ciò comporta veramente molti disagi: perché non dovrebbero essere ripagati? Se decido di donare un rene oggi e domani ho dei problemi renali, perché questi soldi non possono essere visti come una forma di assicurazione?
E soprattutto: ma saranno fatti miei se voglio dar via una parte del MIO corpo a chi mi pare e per quanto mi pare? Adulti e vaccinati, scegliamo noi che cosa fare di noi stessi, indipendentemente dal portafoglio!
Silvia