giovedì 21 dicembre 2006

Che tempismo, D’Agostino, che tempismo!

Francesco D’Agostino, I nostri auguri a Welby. Controcorrente. Ma sinceri, Avvenire, 21 dicembre 2006.

Che cosa veramente “vuole” Piergiorgio Welby? Intendo: cosa vuole lui, proprio lui, Welby (e non l’associazione che egli presiede o la parte politica che lo annovera tra i suoi membri)? Vuole l’eutanasia? Vuole rinunciare alle terapie di sostegno vitale cui è sottoposto? Vuole la fine di un inutile accanimento terapeutico? Vuole una “robusta” terapia del dolore? Vuole richiamare l’attenzione dei politici e dell’opinione pubblica sul valore dell’autodeterminazione dei malati, anche in casi tragici ed estremi? Vuole trasformare il suo tragico caso “privato” in un caso “pubblico”, per orientare, come è lecito che faccia un leader politico, la politica sanitaria del paese?
Potrei continuare a formulare ipotesi su ipotesi (tutte peraltro ben fondate), ma sarebbe inutilmente defatigante: è evidente che Welby vuole tutto o può voler tutto ciò che si è detto. Il problema è che tutto ciò che egli vuole (o può volere) diventa, nel gioco mediatico che ci assedia da tutte le parti, costitutivamente sfuggente, ambiguo, polisenso e si presta ad essere sforzato e deformato in mille modi.
Non era poi così difficile capire la richiesta di Piergiorgio Welby, senza bisogno di affilare le (spuntate) armi retoriche, vomitevoli modi per gettare polvere negli occhi.
Mi permetto di rispondere io. Cosa voleva Piergiorgio? Sicuramente non la schifosa pietà che emerge da queste parole (e delle altre migliaia scritte). I suoi auguri se li risparmi, e li usi per le imminenti festività (e intanto penso ad altro, in tutta sincerità).

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