venerdì 14 settembre 2007

Obbligo di nutrizione e idratazione artificiali

La Congregazione della Dottrina della Fede risponde ad un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti affermando che (Eutanasia, il Vaticano ai vescovi Usa. “Lo stato vegetativo è una vita da rispettare”, la Repubblica, 14 settembre 2007):

Anche se in “stato vegetativo permanente”, il paziente “è una persona, con la sua dignità umana fondamentale”. […] anche al paziente che si trovi in questa situazione “sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.
[…]
“La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita”.
[…]
Tale somministrazione, spiega il dicastero vaticano, “è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente”. Secondo l’ex Sant’Uffizio, “in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’indebolimento progressivo dell’organismo e alla disidratazione”.
È difficile commentare (i corsivi sono miei). L’inferenza più affascinante è quella dall’affermazione che le cure sono dovute (che ha ancora una sfumatura di non imposizione: se qualcosa è dovuto – come un tributo o un ringraziamento – ancora non è necessario legare il malcapitato per porgli il nostro sentito e sincero omaggio) all’obbligatorietà. Per il bene del paziente, ovviamente. Al quale nessuno però s’è preso la briga di domandare cosa voglia fare della sua vita (prima di scivolare nello stato vegetativo permanente, si intende).
L’idea sottostante è sempre la stessa: la vita è un dono, ma un dono particolare di cui non puoi disfarti rincartandolo e infilandolo sotto l’albero, non puoi disporne, il tuo vero intento (e comunque quello cui devi conformarti) è di prolungarla il più possibile, anche se non capisci più un cazzo di niente e non c’è nessuna speranza di miglioramento, pertanto rassegnati ad essere nutrito e idratato artificialmente (il tuo parere non conta), il Sant’Uffizio sa meglio di te cosa è giusto e cosa sbagliato. Fine della discussione. Anzi, non la cominciamo proprio, la discussione. La Verità mica si discute. Che siete duri d’orecchie?
Ah, Benedetto XVI ha ordinato la pubblicazione del testo contenente le disposizioni sullo stato vegetativo.
(Non è un argomento razionalmente cristallino, ma non posso fare a meno di ricordare, all’invocazione del rispetto di una vita ormai meramente organica, quante esistenze nel senso pieno del termine siano calpestate da questi fantocci vestiti di nero, con la benedizione di altri candidamente vestiti).
(Grazie a Destynova per la tempestiva segnalazione).

42 commenti:

Joe Silver ha detto...

Secondo me c'è un particolare molto interessante da notare e che sull'articolo di Repubblica non è messo in evidenza.

Copincollo dal Corriere:

ECCEZIONI - Nell'affermare che «la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio», la Congregazione della Dottrina della Fede, spiega una nota di commento diffusa dallo stesso dicastero insieme alle risposte ai quesiti della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, «non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili». In questi casi, però, precisa la nota vaticana, «sussistono l'obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale». La Congregazione per la Dottrina della Fede ritiene inoltre lecito interrompere alimentazione e idratazione anche quando «per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione». Infine, l'interruzione è lecita anche «in qualche raro caso» nel quale «l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano comportare per il paziente un'eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell'uso di ausili strumentali».

Dunque vediamo se ho capito, a un paziente in «stato vegetativo permanente» (e quindi in condizioni tali da non poter esprimere la propria volontà) è lecito sospendere l'alimentazione e l'idratazione artificiale (causandone di conseguenza la morte) se si ritiene che queste possano comportargli un' "eccessiva gravosità" o un "forte disagio fisico" (cioè?)

Un paziente invece nelle stesse condizioni di totale dipendenza dalle macchine, ma pienamente capace di intendere di volere, non può chiedere e ottenere la sospensione dell'alimentazione e/o del trattamento?

Per quale assurdo motivo si ammette la possibilità di giudicare intollerabile la sofferenza di una persona in coma permanente, tanto da arrivare a sospenderle l'alimentazione, e non si riconosce ad un'altra persona, cosciente e lucida, la possibilità di decidere autonomamente se è il caso di "staccare la spina"?

Chiara Lalli ha detto...

Joe, non trovi che ad essere altrettanto interessante sia il fatto che le suddette argomentazioni (tentativi di) sono contraddette da quanto gli stessi dicono sul testamento biologico?

Anonimo ha detto...

“in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’indebolimento progressivo dell’organismo e alla disidratazione”

Sono ignorante di medicina, ma sbaglio o è un po' azzardato parlar di "sofferenze" per chi si trova in stato vegetativo?

Joe Silver ha detto...

@Chiara

Se non ho capito male, sono del tutto contrari ad ogni forma di testamento biologico, salvo poi dire che in alcuni casi eccezionali si può concedere una deroga all'obbligatorietà dell'alimentazione, anche se il paziente non è in grado di acconsentirvi!

Ovviamente in barba a qualunque eventuale disposizione lasciata in precedenza dal diretto interessato.

capemaster ha detto...

stessa storia della pena di morte.

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Su quanto penso della Chiesa e delle loro Medioevali posizioni su temi che invece appartengono alla scelta dell'individuo (eutanasia, aborto, cellule staminali solo per citarne alcuni) hai detto pefettamente tutto tu. Pontficano (è proprio il caso di dirlo) sulla pelle della gente salvo poi razzolare male...

Complimenti, un blog che mi piace e affermazioni che condivido.

Date le tematiche da voi trattate ed il taglio con cui ne scrivete, spero di fare cosa gradita nel linkarvi al mio blog che tratta di tematiche sociali e di attualità e se lo riterrete opportuno dopo avervi fatto un giro, spero gradirete linkare anche voi il mio blog.

Chiara Lalli ha detto...

Joe, il diretto interessato perché dovrebbe avere voce in capitolo scusa?
Chissà, forse siamo noi a sbagliare richiamandoci alla coerenza della Chiesa (Capemaster aggiunge un'altro argomento scottante). L'incoerenza e l'irragionevolezza sono alla base del credo, dunque...
Daniele, grazie per il link, vado a mettere il naso nel tuo blog.

Anonimo ha detto...

Due domande: siete proprio sicuri che Terry Schiavo (la cui vicenda ha dato luogo al pronunciamento della Congregazione per la dottrina dela Fede) volesse morire per mancato nutrimento e idratazione nel modo come è morta? o, più semplicemente, che volesse morire? E siete sicuri che nella sua agonia dovuta alla mancata idratazione ella non abbia sofferto?
Io no.
Temo che sia riduttivo affrontare il tema dell'eutanasia solo dal punto di vista del diritto al suicidio (o della manifestazione anticipata della volontà di essere uccisa nel caso ci si trovasse in una determinata situazione), soprattutto partendo da un caso eclatante di uccisione da parte di altra persona che ha deciso per te.
Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

" siete proprio sicuri che Terry Schiavo (la cui vicenda ha dato luogo al pronunciamento della Congregazione per la dottrina dela Fede) volesse morire per mancato nutrimento e idratazione nel modo come è morta? o, più semplicemente, che volesse morire? E siete sicuri che nella sua agonia dovuta alla mancata idratazione ella non abbia sofferto?
Io no."

Giacomo, della vicenda Schiavo si sono occupate delle persone incaricate, diversi giudici e molti medici. TUTTI i medici che l'hanno visitata (*), hanno concluso che la SChiavo era in stato vegetativo permanente, nessuna chanche di miglioramento. Mentre diversi giudici che si sono occupati della questione hanno dato ragione al amrito e hanno riconosciuto che la volontà della donna era di NON voler vivere in quella condizione.
Forse il problema è stato allora lasciarla morire di fame e sete? Concordo. Ma questo è dovuto al fatto che non esisteva la possibiltà di praticarle eutanasia attiva, proprio per l'ipocrisia di certe leggi. SE ha sofferto? Se non ricordo male, dall'autopisia è risultato che la parte del cervello adibita alla ricezione nervosa ( semplifico molto), era completamente morta.

(*) Parlo di quelli che l'hanno visitata davvero, non di quelli che hanno fatto la diagnosi a distanza e magari su immagini televisive. Perchè non è che davano il permesso di avvicinarsi alla donna a chiunque facesse richiesta.

Chiara Lalli ha detto...

Giacomo, ti ha già risposto MJ (che ringrazio).
Aggiungo soltanto che pensare che (o usare come obiezioni) la difficoltà, per esempio, di accertare la volontà in alcune circostanze sia una buona ragione per limitare, vietare o usare come una clava il pessimo proncipio di precauzione sia ingenuo e scorretto - se non addirittura disonesto.

Anonimo ha detto...

Insisto: se chiara lalli dice che
"pensare che (o usare come obiezioni) la difficoltà, per esempio, di accertare la volontà in alcune circostanze sia una buona ragione per limitare, vietare o usare come una clava il pessimo proncipio di precauzione sia ingenuo e scorretto - se non addirittura disonesto"
il problema è effettivamente che, in alcune situazioni in cui io non ho potuto (penso ai neonati estremamente prematuri con aspettative di qualità della vita non buona, oppure ai malati mentali) o voluto esprimere la mia volontà (non credo che il testamento biologico sia sostenuto come obbligatorio ...), qualcun altro (il marito, il medico, il politico) può decidere che io possa morire oppure no.
Ma se il principio di precauzione significa (se ho capito bene quello che scrive la Lalli) che, in mancanza di volontà espressa o di dubbio sulla volontà (mj si fida evidentemente del sistema giudiziario americano ...) non si sopprima il soggetto, anche se malato ... evviva il principio di precauzione!
Non riesco a capire per quale motivo si rivendichi il valore della manifestazione espressa della volontà di morire espressa da un soggetto (se del caso anticipatamente, mediante il testamento biologico) e, invece, per certi alcuni si prescinda da tale volontà, quasi che, per malati come Terry Schiavo, la soluzione debba in ogni caso essere sempre quella ...
Ma MJ crede che una persona, in stato vegetativo permanente e senza nessuna possibilità di miglioramento sia viva? Perché forse segue un ragionamento diverso: e si capisce perché ritiene che quel "cadavere vivente" dovesse essere soppresso, magari in modo meno impressionante (ad esempio un'iniezione come quelle che negli Stati Uniti sanno fare tanto bene per i condannati a morte ...), così da liberare un posto letto, risparmiare spese sanitarie inutili, permettere al marito di ricevere la sudata eredità ecc.
Insomma, per dirla tutta: mi sembra che dalla linea rigorosamente libertaria e individualista - io ho diritto di decidere sul mio corpo e sulla mia vita - sbuchi qualche punta autoritaria rispetto a soggetti deboli ... facciano capolino, per scendere terra terra, i parenti del vecchino che non si decide a morire e che gli mettono sotto il naso il modulo per il testamento biologico ...
Mi sbaglierò ...
Giacomo Rocchi

P.S. Mi scuso nel caso appaiano due commenti simili: non sono riuscito a capire se il primo commento sia "partito" o meno.

Chiara Lalli ha detto...

Giacomo,
esiste senza dubbio il problema dei casi controversi o "impossibili". Citi neonati o quanti, per esempio, non hanno espresso una volontà (concordo assolutamente con la preferibilità del testamento biologico non obbligatorio). Quando possibile è doveroso rispettare la volontà. Quando non è possibile bisogna cercare una soluzione - che forse non sarà mai ideale, che sarà un rischio, e che ha sempre controfattuali e alternative. Ma come fare? Nel caso dei neonati io trovo il Protocollo di Gronigen ragionevole (contrariamente a quanto spesso si dice presenta regole restrittive e non propone erodianamente di eliminare quanti più bambini possibile). Su Terri Schiavo non posso pronunciarmi su come "davvero" sono andate le cose. Tuttavia sembra che la volontà di Terri non fosse di essere mantenuta in vita in quelle condizioni. Sulla ipocrisia di lasciar morire di fame e sete qualcuno invece che provocargli "direttamente" la morte credo di essermi espressa più volte. Sull'essere in vita di una persona in stato vegetativo (non voglio rispondere per MJ, tuttavia rispondo): è vita senza dubbio, ma non vita personale. Anche un lombrico è vita, ma non gli attribuiamo diritti. Sui reali motivi del caso Schiavo, di nuovo, non saprei cosa dirti. Mi limito a risponderti che anche se ci fossero casi in cui è come dici tu, rimane il fatto che la soluzione non è di vietare sempre il distacco di un macchinario. Purtroppo le soluzioni ideali non esistono. Vorrei che un principio guida fosse la libera volontà delle persone, quando manca bisogna cercare di individuare la soluzione migliore. Non è detto che ci si riesca sempre.

Anonimo ha detto...

Mi stupisco: il primo commento di chiara lalli al documento vaticano era sferzante: "pertanto rassegnati ad essere nutrito e idratato artificialmente (il tuo parere non conta), il Sant’Uffizio sa meglio di te cosa è giusto e cosa sbagliato"; ora mi scrivi, per i casi "controversi o impossibili: "Quando possibile è doveroso rispettare la volontà. Quando non è possibile bisogna cercare una soluzione - che forse non sarà mai ideale, che sarà un rischio, e che ha sempre controfattuali e alternative" e ancora "Vorrei che un principio guida fosse la libera volontà delle persone, quando manca bisogna cercare di individuare la soluzione migliore".
Beh, lasciami dire che non mi sembra molto coerente: o diciamo che la volontà deve essere il punto di riferimento unico per decidere, e allora non sopprimiamo chi non ha chiesto di essere soppresso, oppure la "soluzione" da cercare la trovano, di volta in volta, quelli che hanno il coltello dalla parte del manico ... e tu darai loro sempre ragione (oltre a dare sempre torto, in linea di principio, all'ex Sant'Uffizio, ma questo è il meno, vuol dire che ti fa buon sangue)!
Grottesco (senza offese) il tuo giudizio sul Protocollo di Groningen: non li sopprimono tutti, solo alcuni (ovviamente dopo aver seguito i rigidi protocolli burocratici e medici e aver riempito un bel po' di moduli ...)! Evviva!!!
Insomma: mi sarei aspettato che tu seguissi un duplice criterio: a) rispetto assoluta della volontà di morire manifestata da ogni soggetto consapevole; b) rispetto assoluto del diritto alla vita di tutti gli altri, bianchi o neri, sani o malati, bambini o anziani, coscienti o incoscienti.
E invece su questa seconda parte sei titubante, pensosa ..."mah, vediamo un po' cosa fare, chissà, se lo sopprimono un motivo ci sarà ... in ogni caso non esiste una soluzione ideale ... fate voi"; se non addirittura giuridicamente inaccettabile, perché distingui tra uomini "con diritti" e uomini "senza diritti" (o meglio: uomini - lombrichi), inevitabilmente richiamando alla mente vicende storiche che si pensavano definitivamente sepolte (guarda che non sto mica pensando agli ebrei e al nazismo: sto pensando agli schiavi dell'antica Roma ...).
Io ti lascio volentieri il tuo diritto a decidere se morire o meno: vorrei tenermi stretto (per me, quando sarò incosciente, per vecchiaia o malattia, e per molte altre persone) il diritto a non morire se non quando vuole Madre Natura ... ma temo che non contribuirai a garantirmelo.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

" mj si fida evidentemente del sistema giudiziario americano ..."

Giacomo, ti dirò. Mi sono incuriosita di quel caso al'inizio un po' distrattamente, giusto per blando interesse. Poi, man mano che ne sapevo di più con coinvolgimento sempre maggiore. Vedi, ci sono state diverse pronunce del sistema giudiziario americano, non c'è stato solo il giudizio di un singolo giudice. In un caso, c'è stato l'intervento del Governatore Jeb Bush, che ha istituito un " inchiesta " per vigilare sul caso e per valutare se era possibile, in base alle risultanze, sottrarre la potestà del marito su Terri e affidarla a dei Guardians. Orbene, da quel rapporto sono venute fuori tante cose. PEr esempio, che il marito ha peregrinato per cinque anni, prima di rassegnarsi alla diagnosi di stato vegetativo permanente. Diagnosticato da TUTTI i medici che ha incontrato.Che Michael era considerato il terrore ( anzi, il " nightmare ") delle infermiere, per lo scrupolo con cui pretendeva che le persone si occupassero della moglie. CHe la potestà gli era stata data DOPO che i genitori di lei , nelle immediate settimane all'incidente di Terri, avevano detto si essere " overwhelmed" dal bisogno di cure di Terri. Che sono stati i genitori di Terri ad insistere che Michael frequentasse qualche altra donna. CHe non c'erano mai stati problemi fra Michael e la famiglia di lei, fino a quando Michael , essendosi convinto che non c'era più niente da fare, ha deciso di assecondare ciò che riteneva essere la volontà della moglie. Vedi, dico " ciò che RITENEVA" , per onestà, perchè in queste questioni non si può essere certo al cento per cento. Infatti, sulla tomba ha fatto scrivere qualcosa come :" te lo avevo promesso".
Insomma, a saperne un po' di più del caso, si scopre che le cose non erano così complicate o oscure come certa stampa ha ritenuto di fare credere. Tra l'altro, nel caso Schiavo i soldi erano soldi dell'assicurazione, non c'era bisogno della morte di Terri per " impossessarsene".
Insomma, volete parlare di " abusi"o di dubbi su pazienti in stato vegetativo? Scegliete altri casi, non quello Schiavo.

Per finire, io ritenevo Terri Schiavo senz'altro " viva", ma era come se fosse una persona che si manteneva viva ma senza cervello. Quindi, senza la parte più importante per essere considerata PERSONA viva. Ma non ritengo che dovesse essere " soppressa" perchè non poteva più essere considerato persona viva, ma perchè era sua espressa volontà non voler vivere in quelle condizioni. Volontà espressa verbalmente, ma non in presenza del solo marito, ma anche di altre persone. Senza considerare che alla luce del rapporto di cui parlavo su non c'era motivo di dubitare della buona fede di Michael Schiavo. Sto parlando naturalmente di MIchael come assistente di Terri, non del comprtamento di MIchael nel matrimonio, che è qualcosa di cui non dovrebbe interesarci.

Anonimo ha detto...

mj scrive:
"...ha deciso di assecondare ciò che riteneva essere la volontà della moglie. Vedi, dico "ciò che RITENEVA", per onestà, perchè in queste questioni non si può essere certo al cento per cento".
Insomma, non c'era una CERTEZZA ASSOLUTA della volontà della Schiavo di morire, non si era sicuri "al 100 per 100": e si è deciso per sopprimere chi viveva "senza cervello".
Mi sembra proprio un problema del sistema giudiziario americano (e non della buona fede del marito): da noi si diceva "in dubio pro reo", laggiù, evidentemente, quando qualcuno è "senza cervello", la soluzione è opposta ...
A proposito: che senso ha dire, in risposta alla mia domanda, che la Schiavo era "viva", ma non era una "persona viva", se poi tu stesso/a dici che ella è stata soppressa giustamente perché aveva manifestato in questo senso la sua volontà?
Insomma a una "non persona viva" (l'uomo - lombrico della Lalli) riconosci il diritto a sopravvivere e a essere curato, se in precedenza non ha espresso con certezza la volontà di morire, oppure intendi affermare che altri possono decidere di sopprimerlo e di non curarlo a prescindere dalla sua volontà?

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

HO capito. I sostenitori ad oltranza della vita ci voglionbo prendere per sfinimento.

Anonimo ha detto...

Giacomo, ho messo il dubitativo, come ho detto, solo per onestà.
IO posso essere anche d'accordo con te che sarebbe meglio mettere per ISCRITTO le proprie volontà. Ma pare che non si possa fare. Indovina per l'opposizione di chi? Comunque, anche il testamento biologico , con tanto di firma certificata dal notaio ,POTREBBE portare a dei casi dubbi, perchè non si potrebbe avere certezza che il malcapitato non cambi idea una volta trovatosi nel letto immmobilizzato. Sono casi da valutare , per raggiungere la maggiore certezza possibile. Ma nel caso di Terri Schiavo. COSA, esattamente, non hai capito quando ho scritto che era come se avesse il cervello morto? E che quindi non poteva avere pensiero, nè reazioni nervose,nè coscienza, nè quindi cambiare idea sulla sua volontà? Volontà, ripeto, già espressa quando era cosciente?

Anonimo ha detto...

MJ ha uno strano modo di usare l'espressione "onestà": mi sembra esatto affermare che, essendo onesto/a con se stesso ammette che la volontà della Schiavo di morire non era sicura al 100%: e allora cosa ho detto che ti faccia "sfinire"?
Quanto alla mancanza del cervello, ho messo in evidenza che tu ne hai parlato pur dando per provata la precedente volontà espressa dalla Schiavo: quindi l'hai sottolineata pur essendo del tutto irrilevante in quel caso.
Perché l'hai fatto?
E perché ti sfinisce tanto la mia domanda nel precedente commento?
Giacomo

Chiara Lalli ha detto...

Giacomo,
non capisco del tutto il tuo stupore per il mio commento precedente. Obietto fortemente che io critichi il Sant'Uffizio "in linea di principio", dal momento che dedico ore del mio tempo - che non pretendo di definire "prezioso", ma che potrei senza dubbio riempire in altro modo - a contestare il contenuto e non la provenienza delle posizioni o delle motivazioni offerte.

MJ, confesso che il dubbio della strategia dello sfinimento era sorto anche a me.

Anonimo ha detto...

Non riesco a capire lo "sfinimento": soprattutto da parte di chiara lalli che, a quanto dice, è usa a dedicare molto del suo (prezioso) tempo a contestare il contenuto delle affermazioni o argomentazioni opposte alle sue.
La ammiro per questo: ma appunto per questa sua dedizione mi permetto di chiederle di dedicarmi un altro quarto d'ora (così anche MJ, se vuole), a rispondere alla mia precedente lettera. In sintesi: agli uomini - lombrichi riconosci il diritto alla vita (nel caso essi, quando ancora non avevano perso la propria consapevolezza, non avessero espresso la propria volontà di morire o se non avevano mai inteso o potuto esprimere la propria volontà) oppure affermi che - in linea generale - altri possono decidere di sopprimerli?
Ho fatto la stessa domanda anche a MJ, più o meno con parole simili:
"Insomma a una "non persona viva" (l'uomo - lombrico della Lalli) riconosci il diritto a sopravvivere e a essere curato, se in precedenza non ha espresso con certezza la volontà di morire, oppure intendi affermare che altri possono decidere di sopprimerlo e di non curarlo a prescindere dalla sua volontà?"

Il mio stupore di fronte alla posizione della Lalli deriva dalla nettezza di posizione che aveva preso rispetto alle affermazioni della Congregazione per la dottrina per la fede: mi aspettavo una corrispondente chiarezza di argomenti che, invece, non riesco a vedere espressa, forse per il già menzionato sfinimento.

Alla Lalli, per concludere, dico: coraggio: il lavoro di curatore di un blog è duro e faticoso, soprattutto se i commenti ai tuoi fantastici articoli non sono tutti entusiastici; resisti, vedrai che ce la farai a superare i momenti di stanchezza!

Giacomo Rocchi

Chiara Lalli ha detto...

Giacomo, anche mezz'ora ti dedico. Vediamo se riesco a risponderti in modo soddisfacente.
Agli uomini lombrichi non riconosco il diritto alla vita! L'esempio del lombrico era per dire che il fatto che "qualcosa" sia in vita non implica nulla sul fronte dei diritti. Come nei discorsi sull'embrione, il punto è ammettere (e poi, eventualmente, discutere i criteri) la differenza tra essere umano (che è in vita) e persona (che è in vita pure, ma che detiene i diritti quali alla vita, alla protezione etc.).
Se esiste una espressione di volontà (escludendo i danni a terzi) si dovrebbe rispettare tale espressione (per me fino alla cosiddetta eutanasia attiva, ma per ora sorvoliamo). Se una espressione di volontà non esiste che cosa si fa? (La mia critica alle dichiarazioni della Congregazione sullo SVP riguardano l'assolutezza della dichairazione stessa e l'indifferenza assoluta al parere del paziente).

Facciamo qualche caso (di assenza di espressione).
Ci sono casi in cui l'espressione non può essere comunicata (neonati): i criteri cosiddetti della "qualità della vita" o del migliore interesse del neonato non saranno perfetti ma credo che possano funzionare.
Ci sono i casi in cui l'espressione non è stata esplicitata (incidente o non volontà di esprimerla): la strada potrebbe essere - oltre alle indicazioni suddette - immaginare quale sarebbe stata la preferenza (senza che questo provochi scandalo, è quello che succede sull'espianto, ad esempio, nonostante ci sia una legge). In alcuni casi la preferenza non è stata certificata: il caso di Eluana Engalro è tristemente famoso. Tu che cosa pensi al riguardo? Sei d'accordo nel tenerla in vita?

Non dimentichiamo che lo scenario è una condizione di irreversibile danno cerebrale (genericamente, le condizioni sono molteplici e diverse) ove non esiste la prospettiva di miglioramento. E non parliamo di lievi probelmi di salute.
In assenza di volontà espressa, tu come ti comporteresti? Non ti sembra ingenuo affermare che tenere in vita qualcuno sia necessariamente e automaticamente la scelta preferibile? O moralmente più giusta?
Aggiungo solo che non ho sostenuto (né mai pensato) che "altri possono decidere di sopprimerlo e di non curarlo a prescindere dalla sua volontà".
Ma ripeto: quali dovrebbero essere i principi guida in caso di dubbio? Non fare nulla non è una scelta priva di conseguenze, sia fattuali che morali. Una decisione deve essere comunque presa. Come si fa?
Ultimo pensiero: affermare che la NIA debba essere obbligatorio è abbastanza delirante, concordi oppure pensi che sia giusto e doveroso?
E proprio per finire: i commenti non entusiastici sono i miei preferiti, e di questo ti ringrazio. Il mio "sfinimento" si riferiva al fatto di avere l'impressione di rileggere obiezioni alle quali mi sembrava di avere risposto. Ma forse avevo lasciato nella mia testa alcuni passaggi fodnamentali. In caso contrario, sono ben disponibile a rispondere su quanto vorrai chedermi. Ho abbastanza caffè in casa per oggi pomeriggio!

Anonimo ha detto...

Giacomo, il mio sfinimento, invece, deriva dal dover trovarmi a ripetere sempre le stesse cose. E anche dallo sconforto di vedere che certe cose sembrano " rimbalzare".

" non c'era una CERTEZZA ASSOLUTA della volontà della Schiavo di morire, non si era sicuri "al 100 per 100": e si è deciso per sopprimere chi viveva "senza cervello"."
Sì. Perchè Terri Schiavo aveva affermato espressamente di non voler vivere così. Stabilito che ormai era appunto in una condizione in cui aveva dichiarato pubblicamente di non voler vivere, perchè il fatto che fosse senza cervello doveva impedire di dare attuazione alla sua volontà? Ovvero, lei dichiara di non voler vivere in stato vegetativo e si pretende che la sua volontà espressa quando era cosciente non ha più valore perchè lei si trova appunto in tale stato vegetativo? Altro che sfinimento, viene, a leggere certe capriole.

CHe cosa intendi per " certezza assoluta" ? Se si dovesse seguire alla lettere il tuo ragionamento sulla " certezza assoluta" si dovrebbe passare al vaglio ogni singolo atto medico fatto mentre il paziente non è cosciente.

Poi.

" Insomma a una "non persona viva" (l'uomo - lombrico della Lalli) riconosci il diritto a sopravvivere e a essere curato, se in precedenza non ha espresso con certezza la volontà di morire, oppure intendi affermare che altri possono decidere di sopprimerlo e di non curarlo a prescindere dalla sua volontà?"

Per me è fondamentale la volontà del paziente. SE il paziente ha dichiarato di voler vivere comunque, a dispetto di qualunque condizione, deve essere rispettata questa sua volontà. Però, attento a condividere questa mia affermazione. Perchè se la condividi dovresti anche ammettere che il criterio da seguire è la volontà del paziente, e quindi accettare anche il suo desiderio di essere " eutanasato", o " soppresso", per usare i tuoi termini.

Anonimo ha detto...

Grazie a chiara lalli per la chiarezza e la disponibilità.

Poiché giustamente la stessa, dopo avere espesso la propria opinione, vuole avere la mia, la esplicito:
è totalmente sbagliato - sia dal punto di vista morale, sia, soprattutto, dal punto di vista dell'ordinamento statuale - pretendere di distinguere tra uomini vivi che hanno diritti e uomini vivi che non li hanno; quanto ai morti il discorso è diverso (per questo il riferimento al'espianto degli organi non mi sembra esattamente calzante, a meno che, appunto, implicitamente (o inconsapevolmente) si equiparino gli uomini lombrichi vivi ai cadaveri).
La distinzione tra "persone" e "non persone" è, quindi - ribadisco - contraria al principio generale dell'uguaglianza di tutti gli uomini, a prescindere dalle loro condizioni anche di salute e, soprattutto, benché voglia ammantarsi di scientificità, è arbitraria: oggi usata per i pazienti in stato vegetativo permanente, a suo tempo per gli schiavi o i negri, domani ...

Se non si riconosce ad ogni uomo pari dignità si perde ogni effettivo punto di riferimento e si vaga senza meta, permettendo ai più forti di sopraffare i più deboli.

NEGO che i malati in stato vegetativo permanente (così come i neonati estremamente prematuri, oppure i malati mentali, oppure i malati di Alzheimer in fase avanzata, oppure gli handicappati gravi, oppure le persone affette da demenza senile ecc.) siano, per il loro stesso stato, un problema per cui "una decisione deve essere comunque presa" (si intende una decisione se lasciarli vivere o morire): sono persone che comportano una serie di problemi da risolvere, ma questo non significa che essi siano "il problema"; anche a loro Madre natura porta, prima o poi, il momento della morte, anche loro (se le condizioni in cui si trovano lo permettono) invecchiano e muoiono.

L'equiparazione "qualità della vita cattiva uguale liceità di soppressione", riferita ai neonati prematuri o comunque con disabilità, è di stampo - questa volta lo devo proprio dire: purtroppo mi sembra sia così - chiaramente nazista.

Il criterio del "migliore interesse del neonato", o è inutile (rimanere in vita è sempre meglio - salvo che si sia espressa una volontà opposta, circostanza che nei neonati non è possibile - che essere uccisi) oppure gli si vuole dare un significato opposto a quello dato dalle parole: "l'opinione che il medico (o il genitore) ha circa la sopportabilità da parte del neonato di una determinata condizione di vita" e, quindi, serve a fare finta che il neonato sia d'accordo con gli adulti nel farsi uccidere.

Quanto al diritto al suicidio: lo Stato, in linea di massima, non può certo vietarlo (e non lo vieta, non punendo, ad esempio, il tentato suicidio).

Quanto al testamento biologico: strumento palesemente imperfetto, permette ogni tipo di abuso e pressione nei confronti dei soggetti deboli, non garantisce affatto se il soggetto che l'ha firmato possa aver cambiato idea senza essere stato in grado di manifestare il suo cambiamento; soprattutto serve come strumento per giungere a quello che dicevo prima, che cioè altri (il fiduciario, il medico, i familiari), "interpretando" le volontà, necessariamente vaghe e incomplete, del paziente, decidano di sopprimerlo.

Ciò premesso, la nutrizione e idratazione artificiale altro non sono che nutrizione e idratazione effettuata nei modi conformi allo stato di condizione del soggetto: delirante è ritenere meglio lasciar morire di mancata nutrizione e di sete un paziente in stato vegetativo permanente rispetto a dargli da mangiare e da bere (ma questo, mi sembra, non lo sostieni nemmeno tu: il problema della mancata idratazione e nutrizione tu lo superi sostenendo la terza via, l'iniezione letale).

Caso Englaro: non conosco (se non attraverso l'ordinanza del 2005 della Cassazione, che risolve, peraltro, la questione non riconoscendo al padre-tutore il potere di chiedere la morte della figlia per conto della stessa) il caso; visto quanto detto sopra, comunque, non riesco a vedere una tortura nei suoi confronti non sopprimerla.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Mj scrive:
"Per me è fondamentale la volontà del paziente. Se il paziente ha dichiarato di voler vivere comunque, a dispetto di qualunque condizione, deve essere rispettata questa sua volontà. Però, attento a condividere questa mia affermazione. Perchè se la condividi dovresti anche ammettere che il criterio da seguire è la volontà del paziente, e quindi accettare anche il suo desiderio di essere " eutanasato", o " soppresso", per usare i tuoi termini"

La tua risposta è apparsa mentre rispondevo alla Lalli, cosicché credo di avere espresso chiaramente il mio pensiero.
Piuttosto riporto il pezzo della tua risposta per segnalarti che, in realtà, non hai affatto risposto alla mia domanda: nella risposta ipotizzi solo: a) che il soggetto abbia manifestato la volontà di vivere ad oltranza; b) che al contrario abbia manifestato la volontà di non vivere.
Ma la domanda riguardava proprio il caso in cui il soggetto "senza cervello" NON abbia espresso alcuna volontà, o perché non ha potuto (neonato ecc.) o perché non ha voluto.
"Rimbalzo": altre persone possono decidere per lui di sopprimerlo oppure no? (se non ti piace l'espressione "soppresso" puoi usarne altre: ucciso, eliminato, fatto morire. "Eutanasato" mi pare leggermente tecnico, un po' freddino ...

Giacomo Rocchi

Chiara Lalli ha detto...

Giacomo, non si espianta da cadaveri!! Ti consiglio di leggerti la legge sulla morte cerebrale.
(Comincio a scivolare sul tipo di sfinimento descritto da MJ: quante volte avrò ripetuto le stesse cose?).
Certo che una decisione va presa, anche di collegare un macchinario: se lasci fare a madre natura muoiono in tempo inferiore a quello che abbiamo impiegato oggi a discutere.
Sul nazismo ho già risposto altrove.
Anche sui neonati.
Il testamento biologico permette ogni tipo di abuso? Ma per favore! Anche qui ho già detto.
Sul resto pure. Se io lascio scritto che non voglio la NIA (o se te lo dico perché sono ancora vigile), questo almeno me lo concedi o è problematico e rischioso?

Anonimo ha detto...

Tipo di sfinimento numero 2 : controbattere a persone che per meglio argomentare, usano dare per scontato ciò che scontato non è. Tipo , ciò che scrive Rocchi:
"La distinzione tra "persone" e "non persone" è, quindi - ribadisco - contraria al principio generale dell'uguaglianza di tutti gli uomini, a prescindere dalle loro condizioni anche di salute e, soprattutto, benché voglia ammantarsi di scientificità, è arbitraria: oggi usata per i pazienti in stato vegetativo permanente, a suo tempo per gli schiavi o i negri, domani ...

Ma dove, ma quando? Qui si parla di persone con gravi difficoltà, o persone condannate a vivere con handicap tali da pregiudicare la stessa vita, oppure ancora di persone che vogliono rifiutare un determinato trattamento terapeutico. Si parla di " reductio ad Hitler " il momento in cui in una discussione si paragona qualcosa ad Hitler , cosa talmente assurda da bloccare qualunque trattamento. Ora, i termini che bloccano , ( che vorrebbero bloccare furbescamente) le discussioni sono " eugenetica " e " deriva nazista".

Per rispondere alla tua domanda, per me si dovrebbe fare continuare a vivere una persona che, trovatasi in stato vegetativo non abbia espresso con chiarezza la volontà di rifiutare tale condizione.

Comunque, Giacomo, mai pensato che ci possano essere state scavalcamenti della volontà in senso contrario NON registrate? Come, per esempio, un paziente che si trovasse in quella condizione , che non abbia voluto trovarsi a vivere in quella condizione forzatamente e che quindi viene tenuto forzatamente in tale stato? Questa non sarebbe una tortura?

Riguardo alla Englaro, dici che non sai come stanno le cose. Ciò non ti impedisce di dire la tua, ovvero, che non ci sarebbe NESSUNA tortura a tenerla in quello stato. Si dà però il caso che il padre afferma che Eliana gli aveva detto con certezza di non voler vivere in tale stato, cosa confermata da diversi amici. Allora, che ne facciamo della volontà di Eliana? E come chiamare, se non tortura, costringerla a vivere come non vuole ?

Anonimo ha detto...

" Quanto al testamento biologico: strumento palesemente imperfetto, permette ogni tipo di abuso e pressione nei confronti dei soggetti deboli, non garantisce affatto se il soggetto che l'ha firmato possa aver cambiato idea senza essere stato in grado di manifestare il suo cambiamento;"

Ovvero, non essedo sicuri al cento per cento di assecondare per certo una volontà, si decide di ignorare del tutto questa volontà?

Anonimo ha detto...

Mi sembra chiaro che, una volta che ciascuno ha espresso le sue posizioni - che sono palsemente contrapposte - la discussione non vada più avanti. Per sapere quello che hai già detto, quando avrò tempo andrò ad esplorare gli archivi del blog (d'altra parte non è mica una colpa scoprire un blog in ritardo ...).

Mi stupisce l'affermazione: "non si espianta da cadaveri!" Se parliamo di espianto di organi (ti riferivi a quelli, vero?) questo è possibile "previo accertamento della morte ai sensi della legge 578 del 1993 e del decreto del Ministro della Sanità n. 582 del 1994": così dice l'art. 3 comma I della legge 91/99, "disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti".
Io - forse sbaglio - quando di una persona è stata accertata la morte, il suo corpo lo chiamo "cadavere".

Può essere certamente "morte cerebrale", cioè "cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo" (decreto del 1984), stato che viene accertato con determinati strumenti o per un certo periodo, stato nel quale vi può essere battito cardiaco: ma, in ogni caso, il soggetto (per togliergli gli organi) deve essere morto, cadavere.

Non si tratta, però, di questioni terminologiche: temo che - ancora una volta implicitamente o inconsapevolmente (ma nel caso della Lalli la seconda cosa è da escludere, essendo ella sicuramente pienamente consapevole di tutto quanto scrive) - si tenda ad equiparare i soggetti in stato vegetativo persistente o permanente a quelli per i quali è stata accertata la morte cerebrale; insomma, quelli come Terri Schiavo sono "sostanzialmente morti".
Non sto certo qui a dimostrare il contrario, perché suppongo che lo spiegherà (o l'ha già spiegato tante volte nel passato ...) Chiara Lalli.


La decisione comprende anche se "attaccare a un macchinario" un neonato o un paziente incosciente? E' ovvio che si può sopprimere sia attivamente sia non prestando le cure possibili e necessarie per mantenere in vita un paziente (causalità omissiva): quindi il discorso non cambia.

Risponderei alla tua domanda in ordine al rispetto della tua volontà di morire per disidratazione e mancato nutrimento (come Terri Schiavo) se mi dimostrassi che davvero hai espresso la volontà di morire in quel modo. Spero per te che tu non l'abbia fatto e che, quanto meno, abbia espresso la preferenza per una morte rapida e indolore.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Mj scrive:

Per rispondere alla tua domanda, per me si dovrebbe fare continuare a vivere una persona che, trovatasi in stato vegetativo non abbia espresso con chiarezza la volontà di rifiutare tale condizione.

Constato che MJ non concorda con Lalli sul protocollo di Groningen: se, in mancanza di volontà chiaramente espressa di rifiutare la vita, la persona deve essere lasciata vivere, almeno i neonati sono salvi.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Giacomo, già mi annoia discutere con chi , forte di posizioni preconcette ( il presunto e sicuro " abuso" in caso di testamneto biologico) , fa tutta una serie di considerazioni che partono col vizio di fondo. Figuriamoci, poi, con chi fa finta di ignorare alcune cose. Terri Schiavo non ha sicuramente chiesto di morire disidratata. E certo non chiedrei io di morire così. COme non lo avrebbe voluto Giovanni Nuvoli, che si è costretto a quella morte perchè non aveva alternative. Si è dovuto ricorrere , a quella soluzione, con la Schiavo, perchè non era possibile praticarle l'autanasia attiva. Non potendolo fare, l'unica possibilità di farla morire, di " sopprimerla", era di smetterla di nutrirla. Cosa che si è fatto.
Ovvero, non si è potuto praticarle la " morte rapida e indolore", perchè ci sono quelli come te che ritengono che un testamento biologico che dovrebbe servire anche a regolare queste cose, porterebbe sicuramente all'rbitrio, l'abuso e, naturalemente all'eliminazione nazistoide.
Ma ti chiedo: tu che parli di differenza tra stato vegeattivo e morte certebrale, hai VISTO le radiografie del cervello della SChiavo, dove era evidenziata la parte pressochè atrofizzata del cervello della paziente? Hai letto dei risultati medici ?

Per quanto riguarda il protocollo di Groningen, ci sono talmente tante disposizioni da prendere in considerazione, che mi sentirei di escludere che si possano verificare abusi così eclatanti. E ho anche letto ciò che ne pensa la Lalli per escludere che prevede allegramente, e non a precise condizioni, che si possa praticare eutanasia attiva, solo per il ghiribizzo di farlo, vogliosi di stroncare la vita di inocenti neonati.
Inoltr, GIoacomo, noi stiamo rispondendo alle tue domande. NOn mi sembra una discussione impari, visto che tu, invece, conituni a stigatizzare ciò che diciamo senza rispondere ad alcune questioni.

Allora, in presenza di precedente espressa volontà, è possibile interrompere le cure ad un paziente in stato vegetativo o paralizzato in un letto? E' tortura o no, costringere qualcuno a vivere in una condizione non voluta, obbligandolo a nutrirsi o somministrandogli cure non volute? E' lecito? Cosa vogliamo prendere in considerazione, in questi casi , la volontà del paziente oppure i diktat del Papa o del Movimento per la vita? Perchè se si decide di prendere in considerazione la volontà del paziente si apre un abisso, e si dovrebbe giocoforza concedere l'eutanasia, o la sospensione della somministrazione forzata.

Anonimo ha detto...

" se, in mancanza di volontà chiaramente espressa di rifiutare la vita, la persona deve essere lasciata vivere, almeno i neonati sono salvi."

Sono " salvi". Ma perchè alcuni si sentoni in diritto di insinuare, sottindendendo volontà nascoste e losche, da cui doversi " salvare" senza che avvertano la profonda offensività delle intenzioni che attribuiscono agli altri?

Anonimo ha detto...

Vedo che MJ si è affrettato/a a rassicurare la comunità: "tranquilli, anch'io sono d'accordo che in certi casi si uccidano (sopprimano, "eutanasizzino") i neonati prematuri, lungi da me attribuirgli qualche diritto, qualche dignità!"
Non preoccuparti: hanno capito bene.

Sulle cattive intezioni attribuite a qualcuno in relazione ai neonati "salvi": non vedo perché la butti sul personale; il protocollo di Groningen permette - in determinati casi e previ i dovuti controlli - che alcuni bambini, subito dopo la nascita, siano lasciati morire (cioè non siano curati: ti ricordo che è esattamente la stessa cosa, perché la condotta di uccisione può essere attiva od omissiva, nei casi in cui determinate cure devono essere prestate per la sopravvivenza del paziente). Se io non applico il protocollo di Groningen, alcuni bambini che sarebbero morti sopravviveranno (non si sa per quanto tempo e nemmeno con quale qualità della vita): questo significa che essi, OGGETTIVAMENTE, sono salvi da morte procurata, a prescindere dalle intenzioni - buone o cattive: non mi pare di avere espresso giudizi sui medici che applicano il protocollo - di chi avrebbe loro procurato la morte e non l'ha fatto.

Sulla distinzione tra morte cerebrale e non morte e, in particolare, sullo stato di Terri Schiavo: la definizione di morte non può che essere OGGETTIVA, una persona o è viva, o è morta (a prescindere da quello che si decide si possa fare del suo corpo da vivo o del suo cadavere da morto).
Lo stato di vita o di morte, quindi, è un PRESUPPOSTO delle nostre discussioni, che riguardano le persone vive (altrimenti non interesserebero molto: la donazione di organi non è poi un argomento così appassionante ...).
Terri Schiavo era viva o morta? Rispondimi te, ma temo che - oggettivamente - si trattasse di persona viva, in stato vegetativo e quindi disabile, non in stato terminale (nel senso che, se fosse stata idratatata e nutrita, avrebbe continuato a vivere ulteriormente) che, successivamente è morta; e la causa di tale morte è stata la mancata idratazione e il mancato nutrimento.

Aveva certamente chiesto di non vivere in quella condizione? Ne abbiamo già parlato, tu sembri sicuro/a (posso azzardare: al 99%), io no e, per quanto capisco da una delle precedenti risposte, nemmeno chiara lalli che, quanto meno, ammette di non conoscere esattamente tutta la faccenda.
Mi devo fidare di te e dei giudici americani?

Non sono né il Papa né faccio parte del Movimento per la Vita.

Non ho inciso sulla legislazione di quello stato americano dove Terri Schiavo è morta; osservo che non mi sembra che l'influenza "del Papa e del Movimento per la Vita" sia poi così forte anche in quegli stati. A proposito (si tratta di una domanda vera, non provocatoria, perché non conosco la faccenda)? Ma in quello stato non era già ammesso il testamento biologico?

Se MJ si annoia, smetta di rispondere: visto che mi ha già classificato come "chi, forte di posizioni preconcette (il presunto e sicuro " abuso" in caso di testamneto biologico), fa tutta una serie di considerazioni che partono col vizio di fondo", vuol dire che sa già cosa dirò, vuol dire che si è già risposto/a da solo/a e ha risolto tutti i problemi: stia in pace e buon appetito.

Volevo solo precisare che, quanto al testamento biologico, non ho parlato di "sicuro abuso", ma di strumento che "permette numerosi abusi, palesemente imperfetto ecc.", affermando una cosa che da più parti è stata sottolineata. Il problema è, quindi, che, con il testamento biologico si permetterà la sospensione delle cure SIA quando effettivamente c'era una volontà espressa, chiara, inequivoca, consapevole, del paziente deciso a rifiutare la vita e le cure, SIA quando, al contrario, questa volontà è stata estorta, coartata, è imprecisa, necessita di una interpretazione troppo ampia, forse il paziente ha cambiato idea ma non è riuscito a manifestarlo, è troppo lontana nel tempo e così via: appunto uno strumento assolutamente imperfetto. Io, in relazione a questa imperfezione, mi preoccupo ovviamente della seconda ipotesi, cioè di quelli la cui volontà di morire non è affatto certa: in questi casi, lo ripeto, proprio per il vituperato principio di precauzione, sono convinto che si debba scegliere per la sopravvivenza del paziente - esattamente come ne è convinto/a MJ.

Arriviamo alla domanda di MJ:
"Allora, in presenza di precedente espressa volontà, è possibile interrompere le cure ad un paziente in stato vegetativo o paralizzato in un letto?"

Ho già detto che lo Stato non più vietare il suicidio; aggiungo quello che già i giudici italiani hanno affermato: è diritto del paziente rifiutare la cura e, quindi, lasciarsi morire.
Allo stesso modo chiunque può lasciarsi morire di fame e di sete e, quindi, è diritto del paziente rifiutare l'idratazione o l'alimentazione forzata.
Si tratta di una applicazione del diritto al suicidio.

Le mie perplessità riguardano, ribadisco, la volontà precedentemente espressa (il testamento biologico) per i motivi già detti.

Una cosa è sospendere la cura, un'altra procurare direttamente la morte con medicinali (o una coltellata) (eutanasia attiva). Credo comunque, che da parte della persona che intende morire sia ingiusto - sì: ingiusto; anche le persone malate hanno le loro responsabilità - coinvolgere altre persone nella realizzazione del loro obiettivo.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Interessante. Accertato (ed accettato) che è ”diritto del paziente rifiutare la cura e, quindi, lasciarsi morire”, magari morire di fame e di sete, magari soffrendo come un cane, alla Nuvoli per intendersi, accertato questo l’importante però sarebbe il “non coinvolgere altre persone” perché “anche le persone malate hanno le loro responsabilità”… Sembra di capire che il miglior modo per risolvere la questione sia quello della pillolina lasciata sul comodino così che il paziente possa cavarsi d’impaccio da solo e, per favore, senza coinvolgere altre persone…

* * *

L’eutanasia, intendendo con questo termine la cosiddetta eutanasia attiva, non è una parolaccia, ne’ un omicidio ne’ una delle varie e fantasiose corbellerie tra le tante già ascoltate sull’argomento. L’eutanasia, nell’opinione di chi scrive, deve essere considerata come una possibile terapia, una delle terapie a disposizione nel bagaglio terapeutico del medico. Come per ogni altra possibile terapia, dovrebbe poter essere richiesta, o prescritta, e comunque praticata quando il medico ne ravvisa l’indicazione e previo consenso del paziente. O del tutore del paziente, quando lo stesso non può esprimere un consenso valido, come nel caso di pazienti minorenni. Che non firmano il consenso ad un procedimento diagnostico o ad un intervento chirurgico, perché il loro consenso non ha valore legale. Perché il loro consenso non sarebbe comunque considerato responsabile, anche se non sono meno pazienti o meno persone di altri. Il tutto con buona pace di chi cerca di screditare con accuse assurde chi sostiene la liceità dell’eutanasia.
Non molto diverso, in ultima analisi, da quanto si verifica nei casi di interruzione di gravidanza per grave patologia del prodotto del concepimento.

Anonimo ha detto...

" Vedo che MJ si è affrettato/a a rassicurare la comunità: "tranquilli, anch'io sono d'accordo che in certi casi si uccidano (sopprimano, "eutanasizzino") i neonati prematuri, lungi da me attribuirgli qualche diritto, qualche dignità!"
Non preoccuparti: hanno capito."

Gioacomo, lo sfinimento con te diventa inca**atura, se continui con queste sciocchezze. Non volevo rassicurare nessuna comunità. Quale, a proposito? Questa di bioetica ? Mi stai attribuendo comportamenti che TU assumeresti? . Proiezione, si chiama, hai presente?
Ma giusto per la cronaca ritengo che in alcune condizioni si possa praticare eutanasia attiva ANCHE su bambini o neonati e in alcuni casi. Chiara ne ha parlato tempo fa, e più di una volta. Per esempio, qui. Ed io concordo con alcuni casi

http://bioetiche.blogspot.com/2006/04/proposito-del-protocollo-di-groningen.html
( c'è da seguire il link )

" Sulle cattive intezioni attribuite a qualcuno in relazione ai neonati "salvi": non vedo perché la butti sul personale; il protocollo di Groningen permette - in determinati casi e previ i dovuti controlli - che alcuni bambini, subito dopo la nascita, siano lasciati morire"

No, non la " butto sul personale". Ma sono anni che vedo attribuire scopi reconditi e finalità maligne a persone che semplicemente si fanno carico di risolvere questioni delicate ed importanti. Che possono coinvolgere tutti, tra l'altro. Ci sono medici, dottori, attivisti che si sono assunti l'onere di inserire il diritto a morire fra i vari fondamentali diritti della persona. Non sono nè sadici, nè nazisti, nè assassini. Attribuirgli retropensieri maligni è disonesto. Ma è solo una delle tante disonestà messe in campo dal sedicente " Fronte della vita". Se vogliamo , il mio grado di coinvolgimento " personale" ha a che fare con la consapevolezza che tutti, anche io, potremmo trovarci a vivere situazioni simili. E certo non vorrei trovarmi ad essere braccata e accusata di varie nefandezze o chiamata " assassina", come è successo a Michael Schiavo.

Su Terri SChiavo ho già detto che ritenevo che fosse " come morta". Era viva, il suo cuore pulsava, ma era un corpo attraverso cui passava vita. Non condivido la tua opinione per cui o era viva , o era morta. e non ci sono vie di mezzo. Terri Schiavo era in stato vegetativo da vari anni, passati i quali il suo cervello, già danneggiato, si è ulteriormente leso, riducendola ad essere un vegetale. MI pare di capire che per te basti che il cervello funzioni , seppur in piccolissima parte, per poter dire che una persona è " personaviva". Ma ti chiedo. Poniamo che si arrivi a costruire una macchina in grado di " sostituire " il cervello. Ovvero, una macchina che, attaccata ad un corpo, sia in grado di farlo funzionare, avere reazioni nervose e muovere. Tu come definiresti questo insieme tra macchina e corpo? Persona? Del tutto simile ad un corpo con un cervello normale? Oppure riconosceresti che , mancanti alcune parti fondamentali, il cervello , NON sia equiparabile ad un corpo con un cervello normale? Allora, implicitamente, riconosceresti che non basta che ci sia movimento", quindi " vita" in un corpo per poterlo equiparare in tutto per tutto ad una persona con un cervello normale e che funiona normalmente. Ecco, nel caso della Schiavo, è come se le lesioni al cervello avessero reso quel suo organo equiparabile ad una macchina che funziona meccanicamente.
Guarda, potresti anche dirmi che non ritieni che le lesioni sulla Schiavo fossero talmente estese da poter equiparare il suo cervello ad una macchina tout court. IL punto è riconoscere che c'è, ci può essere, differenza.
Quindi, io trovo davvero disonesto chiamare una persona come la Schiavo " handicappata". Gli handicap sono altri. O chiameresti " handicappato " quell'ipotetico insime tra corpo e cervello?

Per quanto riguarda la sicurezza sulla volontà della Schiavo, sulla vicenda si è espresso non un giudice, ma diversi giudici, vari politici, parenti, nani e ballerine. Anche la Fallaci ha sentito la necessità di dire la sua. Chiamando Michael " assassino" Tutto è stato soppesato tremila volta, non una.E si è raggiunta quella ragionevole certezza che si può avere in questi casi.
Comunque, in generale non c'è possibilità di testamento biologico , negli Usa. E come qui in Italia il caso Welby è servito a fare discutere, anche negli Usa il caso SChiavo ha sollevato discussioni e polemiche sui trattamenti di fine vita. Ma ancora niente legislazione specifica.

Sull ' " ingiustizia " di ricorrere ad altri per il proprio suicidio, coinvolgendoli, faccio presente che sono proprio le persone che si fanno carico giornalmente di tali problemi che chiedono una regolamentazione. Ci sono già persone che si assumono questa responsabilità, quindi dove sarebbe l'ingiustizia?
Questo mi sembra un retaggio cattolico. Ovvero, si crede che il suicidio sia un " peccato" e che chiede di essere aiutato è colpevole di indurre gli altri nel peccato.

Anonimo ha detto...

Per mj:

io invece ritengo che in nessun caso un adulto possa decidere, per qualunque ragione, di sopprimere un neonato, a prescindere dalle sue condizioni di salute, dalle aspettative di vita e dalle aspettative circa la qualità della vita.
Ritengo, inoltre, che non si possa permettere che un uomo possa decidere di sopprimere, uccidere, un altro, a prescindere dalle sue condizioni di disabilità (è indiscutibile che i pazienti in stato vegetativo persistente siano disabili gravi) e dalle aspettative in ordine alle sue qualità della vita.

Ciò che è emerso con molta chiarezza dalla posizione tua e della lalli è che, nonostante si sia partiti da una rivendicazione del diritto di ciascuna persona a vedere rispettato il suo desiderio di interrompere la propria vita, criticando il documento vaticano perché non riconosceva questo diritto (il tenore dell'articolo originale della lalli è in questo senso), in realtà non interessa tanto (o meglio: non interessa solo) il riconoscimento del diritto al suicidio, in un ottica strettamente individualista, ma interessa piuttosto (o meglio: interessa anche) il riconoscimento del diritto, in alcuni casi, di alcuni adulti di decidere di sopprimere altre persone vive a prescindere dalla loro volontà di rifiutare la vita.

Come dicevo in una precedente lettera, dalla linea libertaria fa capolino una linea autoritaria, nel senso che, in alcuni casi, la volontà delle persone direttamente interessate è indifferente alla decisione.

Questa linea autoritaria passa, quanto ai soggetti in stato vegetativo permanente o persistente, attraverso il disconoscimento della loro dignità: se proprio vogliamo riconoscerli come persone "vive" (come fa chiara lalli, ma come continua a non fare MJ, proponendo esperimenti bizzarri e rifiutando di riconoscere la realtà oggettiva - perché la morte cerebrale è un dato scientificamente misurabile, non a caso definito per legge, e Terri Schiavo non era morta cerebralmente, ma, al limite, corticalmente), quanto ai bambini, atraverso la proposta di utilizzare gli indici di qualità della vita come criteri per decidere se la vita debba proseguire, quanto altri pazienti, attraverso il testamento biologico, mediante l'utilizzo di "mediatori" o "interpreti ufficiali" della volontà inevitabilmente generica a suo tempo espressa (con tanti dubbi in ordine alla spontaneità dell'espressione della volontà, perché il testamento biologico non può essere considerato obbligatorio, ma rischia di diventare "fortemente consigliato" in certe situazioni).

MJ e chiara lalli: siete individualisti oppure puntate ad uno stato (una comunità, un gruppo, una società) che decide anche sulla tua vita?

Quanto alle "cattive intenzioni": mi dispiace per MJ, ma non mi sembra di avere etichettato o qualificato né le persone che praticano eutanasia o il protocollo di Groningen o il testamento biologico "assassini" o "sadici" o "nazisti"; l'espressione "di stampo nazista" è stata utilizzata in riferimento ad una idea e non a persone.

L'ottica in cui mi muovo, contrariamente a quello che pensi, è quella delle soluzioni che la società o lo stato deve adottare in queste materie: del resto è evidente che l'ottica non può che essere anche questa, perché un testamento biologico potrà avere valore solo se c'è una legge che gli attribuisce efficacia, oppure la mancata prestazione di cure a neonati estremamenti prematuri potrà essere praticata solo se una legge stabilisce che non si tratta di omicidio.

Non mi interessa affatto che le mie argomentazioni facciano arrabbiare MJ: in particolare, quanto al giudizio "di stampo nazista" (ma se preferisci: di stampo spartano, visto che anche a Sparta veniva riconosciuto il diritto a sopprimere dopo la nascita bambini disabili), non vedo perché sia illegittimo effettuare un parallelo tra idee che, a suo tempo, furono sostenute e applicate e altre che, oggi, sono sostenute ed applicate: la soppressione dei bambini disabili sostenuta dal nazismo è diversa da quela sostenuta nel protocollo di Groningen? Perché non parlarne?

Non ho chiamato Michael Schiavo assassino, né sono la Fallaci.

Quanto all'ingiustizia del desiderio di chi vuole suicidarsi di pretendere che altri lo aiutino, ammetto che si tratta di riflessione fatta su un piano diverso rispetto alle altre: è una mia valutazione che non pretendo debba essere recepita; insomma: è su un piano nettamente inferiore (anche come importanza) rispetto all'affermazione della dignità di ogni essere umano vivo, del diritto alla vita di tutti gli uomini, del divieto di discriminazione dei disabili, qualunque sia il loro stato di disabilità.

Giacomo Rocchi

Giuseppe Regalzi ha detto...

«in realtà non interessa tanto (o meglio: non interessa solo) il riconoscimento del diritto al suicidio, in un ottica strettamente individualista, ma interessa piuttosto (o meglio: interessa anche) il riconoscimento del diritto, in alcuni casi, di alcuni adulti di decidere di sopprimere altre persone vive a prescindere dalla loro volontà di rifiutare la vita».

Tu sembri trovare molto contraddittoria l'ottica individualista con la possibilità di decidere per altri, tanto che a un certo punto affermi che «dalla linea libertaria fa capolino una linea autoritaria, nel senso che, in alcuni casi, la volontà delle persone direttamente interessate è indifferente alla decisione», e più avanti chiedi: «siete individualisti oppure puntate ad uno stato (una comunità, un gruppo, una società) che decide anche sulla tua vita?».
Allora chiedo io a te: in che modo un individualista si contraddice, se prende decisioni nell'interesse di un minore o di un'altra persona legalmente incapace? Decisioni che, naturalmente, possono essere anche di interesse vitale: un'operazione, un indirizzo di studi, un trasferimento all'estero, etc. E perché mai queste decisioni (che ovviamente sono doverose: anche esimersi dal prenderle sarebbe una decisione – e per giunta pessima) dovrebbero appartenere a una «linea autoritaria»?
Tu puoi sostenere che l'eutanasia neonatale non sia mai nell'interesse di un bambino; su questo i nostri punti di vista sono opposti. Ma a mio parere non puoi dire che quello che sosteniamo io, Chiara e MJ sia in contraddizione con qualsivoglia credo liberale.

Anonimo ha detto...

La risposta te la dà l'ultima ordinanza della Cassazione sul caso Englaro che ha negato al padre - tutore il diritto a prendere una decisione per la figlia interdetta concernente la morte della stessa, perché, in questo caso, è evidente un conflitto di interessi tra il tutore (che vuole la morte della figlia) e l'interdetta (il cui interesse è non morire).

Vuoi davvero equiparare una qualunque decisione, anche importantissima, presa sul minore, alla decisione che egli muoia?

E poi, vedi: parti dai minori e passi agli interdetti (e quelli in stato vegetativo permanente li puoi sempre interdire), puoi passare ai dementi, anche a coloro affetti da demenza senile, ai malati di mente ... e infine a coloro che, in quanto moralmente costretti (o ingannati o che non sono riusciti a manifestare il cambiamento di idea) hanno malauguratamente (per loro) firmato un testamento biologico: la platea dei potenziali destinatari dell'altrui decisione si allarga ...

Giacomo Rocchi

Giuseppe Regalzi ha detto...

Solo che questo non risponde minimamente al mio commento e alle mie domande...

Giuseppe Regalzi ha detto...

E, in ogni caso: il conflitto di interessi è tutto nella mente dei giudici (la volontà di Eluana Englaro di non essere mantenuta in quelle condizioni era stata espressa più volte, e in modo cristallino). E quanti possibili conflitti di interesse ci sono, nelle decisioni che un tutore prende per conto di un incapace?

E la risposta alla tua domanda, naturalmente, è sì: la differenza tra una qualunque decisione, anche importantissima, presa sul minore, e la decisione di porre fine alla sua esistenza differiscono in grado, ma non in natura. Che è fare gli interessi di chi si trova sotto la nostra tutela.

Anonimo ha detto...

abbiamo accertato il nostro disaccordo in ordine alla "natura" della decisione di un adulto di porre fine alla vita del figlio minore: regalzi ritiene che si tratti di una decisione sì, importante, ma pur sempre facente parte della stessa categoria delle decisioni che il genitore prende per il figlio, io no.

Verrebbe da dire: per sostenere la sua tesi Regalzi dovrebbe credere che la vita (in questo caso dei bambini) continua dopo la morte: come è noto (anche se non sono molto ferrato in materia e trattandosi comunque di tema non strettamente contiguo) l'Inquisizione giustificava l'esecuzione dei colpevoli proprio su questo presupposto.

Il problema della svolta autoritaria della linea libertaria - individualista, comunque, mi sembra piu' ampio: intanto sul minore - soprattutto sul neonato estremamente prematuro con gravi disabilità - decide il genitore o il medico? e se il medico ha voce in capitolo, è evidente che lo schema volontà del tutore/genitore che si sovrappone alla volontà del minore/interdetto inizia a confondersi, non è piu' limpido.
Chi - cosa - rappresenta il medico che decide di procurare - se del caso mediante omissione - la morte di un uomo?

Nella precedente lettera, poi, estendevo i pericoli di una svolta autoritaria anche a categorie diverse di candidati alla soppressione: temo davvero che accontentarsi di un pezzo di carta firmato (a volte) da uno di loro per dire che la loro uccisione è attuazione di un loro diritto al suicidio è, quanto meno, ingenuo. Inoltre mi pare che si tenda a saltare direttamente questo passaggio, puntando sulla non dignità di esseri umani di alcuni soggetti e sul non possesso di diritti (ivi compreso il diritto alla vita) in capo a loro.

Giacomo Rocchi

Anonimo ha detto...

Giacomo, in breve. Io mi arrabbio se vedo che mi si attriuiscono pensieri o riflessi che non mi sono passati neanche per l'anticamera del cervello. Soprattutto perchè un modo di impostare la disussione in un certo modo, aggirando le questioni. Ma guarda che si nota, sai?
Io ho linkato un articolo di Chiara Lalli scritto tempo fa dove venivano spiegate per filo e per segno le situazioni in cui era possibile praticare eutanasia. TU non le hai minimamente commentate nel merito. Io credo che sia perchè non le hai letto. Allora, se vogliamo parlare in astratto, è troppo facile fare pipponi lunghissimi come te, in cui citi tante belle cose, come " diritto alla vita" e " dignità dell'esistenza " coem se poi queste belle parole avessero un'utilità pratica nei casi specifici riporati dal protocollo di Groningen. COme se in quel protocollo fosse scritto che , se ai genitori dovesse girare, sono liberi di staccare la spina. Come se DAVVERO prevedere l'eutanasia in alcuni casi voglia dire non riconoscere dignità all'esistenza di persone gravemente malate. Come se non volerlo farlo soffrire ( inutilmente, poi), sminuisca il significato che si dà alla sua vita. Come se pensare di porre fine alla vita di un neonato SENZA possibilità di salvezza che dovesse anche essere costretto a grave sofferenza fino alla sua morte dovesse voler dire che non gli si riconosce dignità. Ragionare in astratto può esere bello, come riempirsi la bocca di tante parole belle. Ma poi, c'è la vita, con i suoi dilemmi e le sue esigenze di scelte.
Ma tu fai finta di voler discutere e poi ignori sistematicamente ciò che ti dicono gli altri per partire con le tua tiritere. Dici di voler rispettare il diritto dell'individuo ma neanche in presenza di foglio firmato ti arrenderesti, perchè, va da sè, anche in quel caso ci potrebbe essere abuso e perchè " il diritto alla vita.." e via ripetendo.

Per la cronaca, c'è un ricorso presso la Corte Costituzionale per la vicenda Englaro. La corte deve ancora decidere, quindi ti suggerirei di essere cauto quando scrivi " la Corte ha stabilito", perchè non è stata scritta l'ultima parola.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Un adulto ha bisogno di credere che la vita continui dopo la morte per decidere di suicidarsi? Mi sembra proprio di no: è sufficiente che giudichi intollerabile la continuazione della propria esistenza. Se non ce la fai proprio più ad andare avanti, uccidersi è una scelta del tutto razionale.
Allo stesso modo nel caso degli animali – e ti prego caldamente di non cominciare a scrivere che io li equiparo agli esseri umani: non è questo che sto dicendo – la decisione di sopprimerli viene presa in genere per evitare loro sofferenze intollerabili, e non si basa certo sulla promessa di un aldilà canino o equino.
Non capisco quindi perché le cose dovrebbero essere differenti per i minori o per i legalmente incapaci umani.

Che il medico possa avere voce in capitolo nell'eutanasia neonatale non mi pare di per sé indice di una deriva autoritaria. Di nuovo vale il paragone con la tutela di una persona legalmente incapace: i genitori decidono in nome del suo interesse, ma quando platealmente contravvengono a questa finalità, entra in azione un giudice tutelare. Io posso, p.es., decidere a che scuola mandare mio figlio, ma non posso mandarlo a lavorare a sei anni: non mi pare l'anticamera dello Stato totalitario.
In linea teorica, dunque, non vedo perché un medico (con il supporto di un comitato di bioetica e di un giudice, eventualmente) non possa decidere in rari casi di risparmiare sofferenze atroci e prolungate a un bambino che i suoi genitori si ostinano invece a tenere in vita. Naturalmente nella pratica è salutare limitare al minimo l'interferenza di terzi in materie tanto delicate, e quindi si tenderà a rispettare il più possibile la scelta dei genitori.

Mi sembra poi paradossale considerare indice di mentalità autoritaria l'«accontentarsi di un pezzo di carta firmato» per decidere la sospensione dei trattamenti a un malato. Quel pezzo di carta (assieme eventualmente alle testimonianze dei conoscenti) costituisce la migliore approssimazione disponibile alla volontà di quella persona, e non capisco proprio come una decisione affidata totalmente a dei medici che non la conoscono possa essere considerato più rispettoso dei suoi voleri; al massimo i medici possono valutare se il progresso delle scienze biomediche non renda obsolete certe vecchie disposizioni (p.es., un intervento che causava disabilità è ora sicuro).
Ti prego di notare la flagrante contraddizione con il caso precedente, dove invece l'intervento dei medici era per te segno sicuro di mentalità autoritaria; la contraddizione scompare solo se viene alla luce la tua premessa di base, e cioè che togliere la vita sia sempre sbagliato. Su questo dissentiamo, ma le disposizioni per l'autoritarismo non c'entrano nulla, lo ammetterai.

Infine, mi pare che qui nessuno voglia puntare «sulla non dignità di esseri umani di alcuni soggetti e sul non possesso di diritti (ivi compreso il diritto alla vita) in capo a loro». Quello che anche gli altri hanno sottolineato era la congruenza dello stato clinico oggettivo di alcuni malati con le disposizioni o le preferenze da loro precedentemente espresse: Terri Schiavo non voleva, secondo i giudici americani, vivere come un vegetale, e le analisi pre- e postmortem hanno dimostrato che era effettivamente ridotta in quello stato. Tutto qui.
È possibile, naturalmente, che in futuro si decida per una diversa definizione del concetto di morte, e che come si è passati dalla constatazione dell'assenza di respiro e battito cardiaco a quella della fine dell'attività del tronco cerebrale, si introduca il concetto di morte corticale (che per chi ritiene la persona come somma di corpo e mente e non come mera entità biologica è la più naturale); ma per ora si tratta di un passo a mio parere prematuro.