giovedì 3 aprile 2008

All’estero la moratoria è vera moratoria

Non si è mai capito veramente cosa significhi la moratoria sull’aborto proposta da Giuliano Ferrara: «moratoria» è una parola assai precisa, che significa sospensione, temporanea messa al bando; ma il direttore del Foglio giura e spergiura che lui la legge 194 non la toccherebbe mai, e che alle donne non dev’essere impedito con la forza di abortire. La campagna di Ferrara, pare insomma di capire, si chiamerebbe «moratoria» perché il nome è suggestivo e perché bisognava sfruttare l’onda mediatica della moratoria sulla pena di morte, e basta.
Un articolo del Foglio di ieri sembra però contraddire questa spiegazione. Alan Patarga ci racconta come l’iniziativa di Ferrara sia stata accolta all’estero («Voglia di moratoria in Polonia, Canada, Nuova Zelanda e Repubblica Ceca», 2 aprile 2008, p. II), e scrive fra l’altro (i corsivi sono miei):

La moratoria di cui scrivono i giornalisti dell’associazione della stampa cattolica polacca in una lettera aperta al primo ministro Donald Tusk è quella per sospendere la pratica delle introduzioni di gravidanza affinché essa venga riconsiderata alla luce delle nuove conoscenze scientifiche. Citando l’esempio della campagna contro la pena di morte dei feti, i giornalisti cattolici del paese di Karol Wojtyla hanno scelto di battere la strada dell’impegno diretto in difesa della vita prendendo spunto dalla «lista pazza» italiana.
Non sono i soli. Sulla rivista Catholic Insight, lo scorso 26 marzo il giornalista canadese Rory Leishman […] cita l’esperimento della lista «Aborto? No, grazie» […]. «In Canada nessun politico […] prenderebbe mai in considerazione l’idea di appoggiare una messa al bando globale, sia pure temporanea, dell’aborto […]». Per lui, come per i colleghi di Varsavia, c’è un modello a cui rifarsi, finalmente. Il modello italiano.
All’estero, insomma, non avrebbero capito niente della campagna italiana; ma Alan Patarga non segnala questo equivoco, anzi ne sembra decisamente compiaciuto. E nessuno, nella redazione e nella direzione del giornale, pare aver notato l’incongruenza fra ciò che si proclama in patria e ciò che si capisce altrove. Chissà perché.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari Chiara e Giuseppe,
dovete perdonarmi se mi approprio indebitamente di questo spazio per comunicare notizie urgenti ed importanti a più persone possibili.
Per le elezioni del sindaco di Roma, i mass media stanno "concedendo" solo due scelte: il clericale Rutelli a "sinistra" (ahahah) ed il clericalissimo Alemanno a destra.
Ora, dato che sono un romantico disilluso e penso che la laicità e la democrazia, nella Capitale, sia ancora possibile, segnalo la candidatura dell'On. Franco Grillini, del Partito Socialista e grande militante del movimento GLBT, il primo a proporre una legge seria sulle unioni civili (quando ancora non era di moda, nel '94) e che continua a rappresentarci in Parlamento.
Vorrei che sia chiaro come il voto a Grillini sia una scelta di coscienza politica, che non mira tanto alla "vittoria" tout court, quanto a destabilizzare Ciccio Rutelli nella sua arroganza che non vede freni (ha già promesso che non aprirà un registro per le coppie di fatto al Comune).
Se anche voi avete memoria e vi ricordate ciò che fece nell'anno del Giubileo, per il Papa e contro il Gay Pride, allora date il vostro voto all'unico candidato laico, per dare un segnale forte.

Sul mio sito trovate un comunicato dell'attivista e storico Giovanni Dall'Orto: http://queerworld.splinder.com/post/16574409

Grazie mille in anticipo a chiunque sceglierà di salvare la mia città votando Grillini.