giovedì 14 gennaio 2010

Autorizzazione concessa

Ricevo da Filomena Gallo, Presidente Associazione Amica Cicogna ONLUS, e volentieri posto.


Salerno, 11 gennaio 2010
Il giudice autorizza l’accesso alla fecondazione assistita con diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile

Il Giudice Antonio Scarpa del Tribunale di Salerno autorizza, per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice di una grave malattia ereditaria, l’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1 (SMA1).
Questa malattia causa la degenerazione e la morte motoneuronale con la conseguente inarrestabile paralisi e atrofia di tutta la muscolatura scheletrica e costituisce oggi la più comune causa genetica di morte dei bambini nel primo anno di vita, con una morte per asfissia.
La coppia si è rivolta al ginecologo Domenico Danza, per accedere alla procreazione medicalmente assistita e poter effettuare la diagnosi preimpianto con tecniche combinate di citogenetica e di genetica molecolare al fine di avere un figlio che potesse vivere. Lo specialista non ha potuto consentire l’accesso alle pratiche di procreazione medicalmente assistita perché la legge 40 del 2004 lo consente solo per casi di sterilità/infertilità.

Il Giudice Antonio Scarpa, ha così motivato la sentenza:
“Il diritto a procreare, e lo stesso diritto alla salute dei soggetti coinvolti, verrebbero irrimediabilmente lesi da una interpretazione delle norme in esame che impedissero il ricorso alle tecniche di pma da parte di coppie, pur non infertili o sterili, che però rischiano concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili; solo la pma attraverso la diagnosi preimpianto, e quindi l’impianto solo degli embrioni sani, mediante una lettura “costituzionalmente” orientata dell’art. 13 L.cit., consentono di scongiurare tale simile rischio”.

Il Tribunale di Salerno, per la prima volta in assoluto, ha consentito di ricorrere alla procreazione assistita preceduta da diagnosi genetica preimpianto alla coppia fertile e che ha già avuto altre 4 gravidanze naturali, ordinando il trasferimento in utero dei soli embrioni sani, superando con una interpretazione della legge 40/04 in linea con la Carta Costituzionale, il disposto dell’art. 1 comma 2 e art. 4 comma 2 della L. 40/04 che stabilisce il divieto ad accedere alla fecondazione assistita a chi non ha problemi di sterilità.

Dichiara l’Avv. Filomena Gallo, legale della coppia ricorrente, “i miei assistiti hanno chiesto l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita perché è l’unica speranza per avere un figlio che viva, poiché la malattia di cui sono portatori è la forma più grave, fa nascere bambini morti o che non sopravvivono oltre l’anno di vita. Il tribunale di Salerno con l’ordinanza del Giudice Scarpa, ha emesso una decisione chiara e rispettosa dei diritti dei soggetti coinvolti. Sono stati oggi riconosciuti e affermati diritti inviolabili, trascurati dalla legge 40/04 e invece tutelati costituzionalmente, quali: 1) tutela del diritto alla salute della donna; 2) tutela del diritto all’informazione nel trattamento sanitario; 3) tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile.

Il tribunale di Salerno ha operato per la salvaguardia della supremazia del diritto e delle connesse libertà della coppia tutelate dalla Carta Costituzionale, ha operato una interpretazione della legge sulla fecondazione assistita costituzionalmente orientata, nel rispetto del diritto alla salute ma in questo caso anche alla vita di un figlio che diversamente sarebbe morto.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato che nella costituzione abbiano dimenticato di scrivere che sono vietate le leggi cretine: avremmo risparmiato un sacco di tempo.
Un saluto a Bin€tta, Rocc€lli, eccetera.

Rolando ha detto...

sposo in pieno il commento di Anonimo qui su. però mi dico anche che ci sono leggi che vengono decise da un parlamento. in teoria il giudice dovrebbe applicarle, con un minimo spazio di interpretazione.
non è che stiamo delegando la democrazia ai giudici?

Anonimo ha detto...

E meno male che ci sono giudici che fanno prevalere la democrazia ed il buon senso.

Stefano Vaj ha detto...

Il buon senso certamente, la legalità e la democrazia ne dubito, perché è assolutamente chiaro che la legge intendeva tutt'altro; e che in caso di contrasto di una legge ordinaria con la costituzione il giudice non può disapplicare direttamente la prima (come fa ad esempio il giudice americano) ma deve sollevare, anche d'ufficio, un incidente di incostituzionalità perché la stessa sia rimossa da parte della Corte apposita.

Per cui, credo vada riconosciuto senza ipocrisie che il provvedimento del giudice è semplicemente un provvedimento illegale, arbitrario e "rivoluzionario".

Cosa che nel caso di specie non è un buon motivo per applaudirlo comunque... ;-)

paolo de gregorio ha detto...

SV
"il provvedimento del giudice è semplicemente un provvedimento illegale"

Boh, qualcuno mi può illumiinare? Le linee guida non lo predevano già? E/O del giudice può dirsi di aver in qualche modo applicato sentenze della Cassazione?

Stefano Vaj ha detto...

Artt. 1 e 4 L. 40/2004. Non c'è molto da interpretare, l'intenzione della legge di limitare il ricorso legale alle tecniche di procreazione assistita ai casi di infecondità e sterilità, con esclusione di qualsiasi utilizzo a fini eugenetici, *è del tutto esplicita*.

Il problema nel far dire alle norme tutt'altro rispetto al loro significato letterale ed evidente, per quanto possa far comodo per il singolo caso, sta in due aspetti:
- il fatto che ciò tende ad oscurare la natura eventualmente ripugnante o assurda della norma;
- il fatto che non è detto che tale potere venga sempre applicato in direzione desiderabile... :-)

Chiaramente poi il dovere dell'avvocato di Welby, del padre di Eluana Englaro o di una copia con il rischio di concepire embrioni malati *non* è quello di suicidarsi processualmente sostenendo che la legge è sbagliata, ma di tentare di sostenere la tesi che in realtà il fine desiderato sarebbe conforme alle leggi *già* vigenti.

Naturalmente, quando uno esce da tale ruolo ed invece discute dell'ordinamento in linea di principio, il tentativo di riformare quest'ultimo obbedisce a criteri del tutto opposti.