lunedì 28 novembre 2011

domenica 27 novembre 2011

Al posto delle mammane c’è il Cytotec. Cambiano i metodi, ma i rischi restano (aborti fai da te)

Come ogni fenomeno clandestino è difficile quantificarlo. Non ci sono numeri ufficiali, ma voci, sporadiche inchieste e qualche volta denunce. Denunce di medici che eseguono aborti nelle cliniche private o nel loro studio, o di persone che fanno aborti in condizioni sanitarie più o meno spaventose. Chi può va all’estero, come succedeva prima della legge 194/1978. Chi non può scivola nella clandestinità.
Negli ultimi anni abortire in Italia è diventato difficile, anche a causa dell’alto numero di obiettori di coscienza: la media nazionale supera il 70%, con punte regionali di oltre il 90.
Esiste un modo per abortire fai da te che sta riscuotendo sempre più successo: il Cytotec.
È un gastroprotettore. Il foglietto illustrativo avverte: “Come altre prostaglandine naturali e sintetiche, il misoprostol aumenta sia l’intensità che la frequenza delle contrazioni uterine. Il suo uso in gravidanza può comportare gravi danni per il feto, complicare la gravidanza o causarne l’interruzione. Pertanto il prodotto è controindicato durante la gravidanza accertata o presunta ed il suo impiego nelle donne in età feconda è consentito soltanto se vengono adottate contemporaneamente idonee misure contraccettive”.
Alcune donne prendono il Cytotec per ottenere proprio quell’effetto collaterale. Succede nei Paesi dove abortire è illegale, dove è l’unica alternativa a una gravidanza che non si può o vuole portare avanti e ai rischi degli aborti eseguiti con ferri da calza o altri mezzi rischiosi e non igienici.
Ma succede anche in Italia, dove esiste una legge che garantisce la possibilità di interrompere una gravidanza in modo sicuro. Almeno sulla carta.
Perché alcune donne invece di andare in ospedale prendono il Cytotec rischiando la salute e la vita? Il Cytotec non causa solo un possibile aborto, ma emorragie e complicazioni. A volte può farti morire. Sarà meno dannoso e più economico delle mammane, ma non è affatto sicuro. Lo sarebbe se fosse assunto in modo coretto e in un ospedale - lo stesso farmaco è infatti usato per indurre il travaglio e negli aborti tardivi.
Due anni fa una donna è arrivata in ospedale in condizioni critiche. È morta. Nel campo a Tor Sapienza dove viveva è stato trovato un blister bruciacchiato di Cytotec.
Sempre nel 2009 la Stampa denunciava lo spaccio del farmaco intorno alla stazione di Milano e nei sotterranei della metropolitana. Pochi euro per 5 pasticche, senza nemmeno procurarti la ricetta. Le prendi, aspetti e quando ti viene l’emorragia vai in ospedale simulando un aborto spontaneo.
Una possibile spia degli aborti clandestini potrebbe forse essere l’aumento di quelli spontanei. Secondo i dati Istat sono passati da circa 55.000 mila del 1988 agli oltre 77.000 del 2007.
È evidente che le vittime predestinate sono le donne più spaventate, con meno mezzi, magari senza cittadinanza italiana.
È impressionante che in Italia accada qualcosa di simile a quanto accade in quei Paesi in cui abortire è illegale. È ingiustificabile che l’accesso a un servizio pubblico sia tanto complicato e discriminatorio, perché a pagare il prezzo più alto saranno sempre le persone più fragili.

Calabria Ora, 24 novembre 2011.

giovedì 24 novembre 2011

Il riparatore



Il 23 dicembre 2007 Davide Varì pubblica su “Liberazione” una inchiesta su Tonino Cantelmi e le terapie riparative - ovvero quelle terapie che vogliono aggiustare gli orientamenti omosessuali. Cantelmi querela Varì. Non perché gli ha dato del riparatore, ma perché ha definito il suo studio “un porto di mare”.
Il processo s’è concluso da poche settimane con l’assoluzione di Varì: la sua inchiesta non ha varcato i confini del legittimo esercizio del diritto di critica e di cronaca e il fatto non sussiste, non è reato. Anzi, il giudice ha ritenuto che il pezzo avesse un interesse pubblico incontestabile. Le espressioni che hanno offeso Cantelmi non possono considerarsi diffamatorie. Inoltre - e questo è l’aspetto preoccupante - “non è apparso del tutto estraneo il Cantelmi alla cura dell’orientamento sessuale dei propri pazienti”.
Ma andiamo per ordine. La vicenda inizia nel 2007 con Varì che finge di cercare aiuto perché è a disagio con la sua omosessualità. Il sospetto è che ci siano alcuni terapeuti convinti che l’omosessualità possa essere curata, anzi debba essere curata. Ricordiamo che considerare di per sé patologico un determinato orientamento sessuale è insensato e scorretto e che per fortuna l’omosessualità non è più considerata una malattia. Ciò non significa che la propria sessualità non possa sollevare conflitti o disagi, ma che il malessere va cercato altrove e che l’omosessualità non è un errore da correggere. Eppure alcuni si ostinano nel considerarla un difetto, una deviazione o qualcosa che non va e che, dunque, deve essere riparata. Alcune associazioni sono esplicitamente a favore della riparazione, come Obiettivo Chaire, Living Waters, il Gruppo Lot o il Narth (National Association for Research & Therapy of Homosexuality) - ma molti altri preferiscono essere meno espliciti: come Scienza e Vita o Agapo, Associazione di genitori e amici di persone omosessuali (da non confondere con l’Agedo, Associazione di genitori di omosessuali). Il dominio dei riparatori ha confini nebbiosi e può includere tutti quelli che credono che l’omosessualità sia intrinsecamente sbagliata - questa premessa è la condizione sufficiente per sentire puzza di riparazione.

Su Il Mucchio Selvaggio di dicembre.

lunedì 21 novembre 2011

Radio Blackout

A partire dal 1972, con l’introduzione del servizio civile, il concetto cambia però di significato, perlomeno all’interno della giurisprudenza. L’obiezione di coscienza diventa un diritto positivo. La legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza consacrerà questa nuova interpretazione e cambierà il corso della storia dell’obiezione di coscienza nella penisola: da simbolo forte di opposizione al potere diventerà addirittura uno strumento per raggiungerlo.
Il risultato è che ora abbiamo ora una legge che trova enormi difficoltà a essere effettivamente applicata e medici che, lungi dal rischiare il carcere, spesso ottengono riconoscimenti e fanno addirittura carriera, come nella Lombardia del ciellino Formigoni. La percentuale di obiettori tende costantemente ad aumentare, perché è «una scelta facile e indolore» che rende ormai carta straccia «la libera scelta iniziale (diventare ginecologi e lavorare nel pubblico), che vincola l’individuo a doveri e non solo a diritti professionali e privilegi».
Intervista qui.

Sex and (the) stress

In questo presunto inferno peccaminoso, mi pare di avvertire piuttosto molto rumore di scodelle, sferragliare di ciabatte, sfrigolio di zip di pigiami. Il sesso resta ancora soprattutto quello sognato sul divano, o guardato di nascosto su un sito dove tutto si vede, ma nulla si tocca (cuore compreso).
Elisabetta Ambrosi su Vanity Fair.

What Would Artificial Blood Mean for Jehovah’s Witnesses?

Would permitting artificial blood, should it become scalable in the future, be a good compromise? I’m no Jehovah’s Witness, so I can’t speculate too much, but it seems that it could be a workable loophole that would allow them to adhere to their faith while catching up with modern medicine.
Slate, Future Tense, november 17, 2011.

RU486 in Calabria

Una fotografia desolante di cosa accade in Calabria e in Italia rispetto alla RU486: una pillola che alla Calabria proprio non va giù, di Doriana Righini, 20 novembre 2011.

Via Luigi Poletti 2, Roma.

giovedì 17 novembre 2011

mercoledì 16 novembre 2011

Renato Balduzzi: chi è costui?

Il nuovo ministro della sanità, annunciato poco fa dal Presidente del Consiglio Mario Monti, è dunque Renato Balduzzi, Professore Ordinario di Diritto costituzionale all’Università del Piemonte Orientale, specialista delle questioni giuridiche della sanità. Si tratta, diciamolo subito, di un cattolico: dal suo curriculum vitae apprendiamo che

[d]al 2002 al 2009 è stato presidente nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC, già Movimento Laureati di Azione Cattolica) e attualmente è componente per l’Italia dello European Liaison Committee di Pax Romana - Miic (Mouvement international des intellectuels catholiques) - Icmica (International Catholic Mouvement for Intellectual and Cultural Affairs).
L’accenno all’Azione Cattolica farebbe pensare più a un «cattolico adulto» che a un integralista, e la cosa sembra confermata dall’esperienza di Balduzzi come consigliere giuridico dell’allora Ministro delle politiche per la famiglia Bindi, fra il 2006 e il 2008. Qui però iniziano le dolenti note, perché sembra assodato che Balduzzi sia stato tra gli artefici dello sciagurato disegno di legge sui DiCo, le dichiarazioni di convivenza volute dalla Bindi e naufragate ben presto nel ridicolo, non rimpiante da nessuno. In un articolo di Silvio Troilo, «I progetti di legge in materia di unioni di fatto: alla ricerca di una difficile coerenza con i principi costituzionali» (pubblicato in anteprima su Forum Costituzionale, 12 settembre 2008) trovo alcune citazioni di un saggio del Balduzzi, «Il d.d.l. sui diritti e i doveri delle persone stabilmente conviventi: modello originale o escamotage compromissorio?», Quaderni Regionali 26 (2007), pp. 39-56, a me inaccessibile, che per l’appunto tratta dei DiCo:
non è sufficiente richiamare l’art. 2 [della Costituzione] come clausola a fattispecie aperta (capace cioè di offrire tutela a situazioni via via avvertite come meritevoli di tutela dalla coscienza sociale, al di là di quelle canonizzate nel testo costituzionale), in quanto lo stesso art. 2 non offre tutela a tutti i desideri che si vorrebbero riconosciuti come bisogni e a tutti i bisogni che si vorrebbero tutelati come diritti, ma riconosce e garantisce quei desideri e quei bisogni che servono allo svolgimento della personalità all’interno di una formazione sociale.

la legge […] non è solo certificazione della realtà, ma è altresì regola della medesima, e pertanto discipline che applicassero indiscriminatamente e tout court normative di tutela dei diritti della famiglia a situazioni diverse dal modello costituzionale di famiglia verrebbero a menomare la funzione della norma costituzionale. La disposizione costituzionale sarebbe completamente travisata, ebbe modo di osservare ancora Moro (in risposta a un’insidiosa osservazione del qualunquista Mastroianni, riferita alla formula del progetto di costituzione, poi diventata […] l’art. 29 Cost.), se venisse portata a significare che si vuole riconoscere un vincolo familiare costituito soltanto in base ad uno stato di fatto.

collegare alla convivenza diritti e doveri non crea istituti concorrenziali al modello costituzionale di famiglia a condizione che tale collegamento non derivi da un atto di volontà pattizio (che avrebbe necessariamente l’effetto di far rinvenire il titolo dell’applicabilità di diritti e di doveri nella volontà dei conviventi, e non nel fatto della convivenza) ma sia conseguenziale al verificarsi di una situazione di fatto che presenti determinate caratteristiche per la cui predeterminazione il legislatore gode di una certa discrezionalità.
Queste ultime parole, un po’ oscure, diventano chiare quando si ricorderà il bizzarro meccanismo dei DiCo, che si sforzavano di derivare diritti e doveri dalla situazione di fatto della convivenza, ricorrendo – pur di evitare qualsiasi forma di assenso prestato di fronte a un funzionario – all’espediente famigerato della raccomandata con ricevuta di ritorno spedita al convivente.

Venendo a temi più propriamente sanitari, si deve registrare con qualche preoccupazione la partecipazione di Renato Balduzzi, in veste di curatore, al volume Le mani sull’uomo. Quali frontiere per la biotecnologia?, pubblicato per i tipi dell’editrice Ave nel 2005. Nella quarta di copertina si legge fra l’altro:
L’attualità politica porta alla comune attenzione temi sui quali a volte non siamo sufficientemente preparati, chiamandoci ad esprimere in merito una opinione consapevole. In questo breve sussidio vengono esposti anzitutto, quasi a modo di lessico, i concetti fondamentali dell’antropologia cristiana, quali quelli di corpo, persona, dignità umana, esaminati nei loro aspetti filosofici e teologici […]
L’antropologia cristiana è una delle parole d’ordine degli integralisti; ma il timore si rivela ben presto infondato, quando troviamo questa dichiarazione di Balduzzi, che risale al tempo del caso Englaro (agenzia Asca, 19 luglio 2008; si veda anche la stessa agenzia del 6 febbraio 2009):
«Evitiamo di farne materia di conflitto tra magistratura e politica»: è questa la prima necessità che il costituzionalista Renato Balduzzi avverte di fronte agli sviluppi del caso di Eluana Englaro. «Da costituzionalista, mi sembra azzardata e anche un po’ pericolosa l’ipotesi di conflitto di attribuzione», osserva. Quanto ai contenuti della polemica, il cattolico Balduzzi osserva: «È ora che l’iter del testamento biologico venga portato a compimento. Anche se non dobbiamo aspettarci che la norma possa risolvere tutto».
Balduzzi, che è presidente del Meic, il Movimento ecclesiale di impegno culturale, una delle storiche componenti dell’Azione cattolica italiana, è abituato ad entrare, da cattolico, nel cuore delle questioni eticamente più “sensibili” e politicamente più scottanti: nella scorsa legislatura, era Capo ufficio legislativo del Ministro della famiglia Rosy Bindi, autore (insieme all’altro cattolico Ceccanti) dello sfortunato disegno di legge sui Dico.
Nella sentenza della Cassazione su Eluana, Balduzzi non vede «sconfinamenti». «Non c’è una competenza riservata alle Camere su certi argomenti – spiega –. Anche ammesso che in tema di diritti il legislatore abbia una preminenza, il giudice arriva dove può in base alla legislazione vigente e ai principi costituzionali». «Bisogna ricordare che un ordinamento contiene sempre delle lacune e lo “jus dicere” del giudice comporta naturalmente la possibilità di colmarle. Il giudice non è certo solo la bocca della legge; il suo, anzi, è un duro mestiere, che deve bilanciare tanti principi e tenere in equilibrio diritti e doveri».
La questione è anche di opportunità, di tempi: «Sollevare un conflitto di attribuzione aggiunge motivi di contrasto ad una situazione già molto delicata nei rapporti tra politica e magistratura. Ma al di là di questo, la sentenza della Corte di Cassazione non crea nessun vulnus nelle prerogative del Parlamento».
«La norma – mette però in guardia –, per un caso limite come quello di Eluana, non risolverebbe tutto. E qui, ma non parlo più da costituzionalista, non so se la legge possa coprire questa materia così complessa, dove la prima regola dovrebbe essere quella della prudenza, del silenzio, unito alla coerenza, all’assunzione di responsabilità per quanto si dice. E a questo aggiungerei un’altra osservazione: non può essere considerato irrilevante dal punto di vista giuridico il fatto che ci sia qualcuno che si fa carico del “dovere” della solidarietà».
Il nodo, come è stato ricordato da più parti, è in quelle «direttive anticipate» che nel nostro paese non hanno ancora valore legale. C’è chi agita il timore dell’eutanasia: ma per Balduzzi, non si può parlare di «fughe in avanti» ed «estremismi» in un dibattito ormai maturo, ma fino ad oggi senza uno sbocco legislativo, come quello sul testamento biologico.
«L’iter del testamento biologico – secondo il professore – è quindi da portare a compimento, senza pensare che in una legge possa entrare tutto un sentire etico. Per questo è importante che non si strumentalizzi, ma si guardi veramente al bene comune. Se oggi si procede a colpi di sentenze è perché fino ad ora è mancata una sintesi».
Una sintesi. Quella fallita nel caso dei diritti delle coppie di fatto. Esiste un simile punto di equilibrio nel dibattito sul testamento biologico? «A mio parere – conclude Balduzzi – sta nel garantire una periodica verifica delle volontà del soggetto».
Queste non sono le parole di un campione dell’autodeterminazione, è vero, ma neppure quelle di un integralista. È palese anche qui lo sforzo di sintesi di Balduzzi fra due visioni opposte dei diritti; sintesi quasi certamente impossibile, come dimostra la débâcle dei DiCo, ma che dovrebbe tenere a bada – si spera – le richieste più voraci del mondo integralista. Di più, vista la situazione in cui nasce il nuovo governo, era purtroppo impossibile aspettarsi.

A proposito del mondo integralista, negli ultimi giorni alcuni dei suoi esponenti sembrano aver presagito la sconfitta, come dimostrano le dichiarazioni un po’ sguaiate di Assuntina Morresi («La crisi infuria lo spread avanza», Stranocristiano, 10 novembre 2011), che alla fine inclinano pericolosamente verso il complottismo. Scendendo di qualche gradino, al complottismo si abbandonava stamattina, prima della lettura della lista dei ministri, anche Berlicche: una perdita pressoché totale di contatto con la realtà che non potrà non far piacere a ogni sincero avversario dell’integralismo.

Aggiornamento 19/11/2011: un post di Relativismo? Sì grazie aggiunge qualche utile dettaglio al quadro della personalità e delle idee di Balduzzi.

lunedì 14 novembre 2011

Sulla mia vita scelgo io. Giornata Nazionale del Testamento Biologico

Il programma completo. Sulla mia vita scelgo io. Giornata Nazionale del Testamento Biologico, Udine, Teatro Palamostre, 19 novembre 2011, dalle 8.30 in poi.

Genova 16 novembre

la Feltrinelli di Genova, via Ceccardi 16.
Il Saggiatore, ebook.

domenica 13 novembre 2011

Stefano, l’eroe mutilato

La cosa si ripete ormai da otto anni. Il 12 novembre, nel giorno della memoria dei caduti della strage più celebrata degli ultimi centocinquant’anni, quella di Nassirya, si esclude puntualmente la compagna di uno di loro; si omette come una cosa di nessun conto, si ignora come un fastidio, un difetto, una vergogna. Ogni volta si commemora il caduto civile Stefano Rolla tagliando via un pezzo integrante della sua vita, la compagna che lui si era scelto.
Io, Adele, cancellata dalla vita di Stefano il 12 novembre 2003 quando, dopo la strage, un funzionario del ministero degli Esteri recapitò ai parenti delle vittime la tragica notizia.
LO SEPPI da uno degli addetti alla produzione. Io, cancellata dalla lista del cerimoniale quando i caduti furono accolti dalle istituzioni e dai parenti al loro rientro in patria all’aeroporto di Ciampino. Eliminata dalla lista dei parenti per la Veglia funebre al Vittoriano. Eliminata anche dalla lista per il funerale di Stato nella basilica di San Paolo.
Io e Stefano ci amavamo da dodici anni e convivevamo da sei quando quella mattina, nel sud dell’Iraq, lui saltò in aria assieme ai militari della finta missione di pace allorché un camion kamikaze investì Base Maestrale. Non sapevo quel giorno, che insieme con Stefano sarei stata travolta dalla bomba anch’io.
Peggio che morta, mai esistita. Non sapevo che quello non sarebbe stato l’unico giorno del dolore, quello della perdita, ma l’inizio di un dolore nuovo, la confutabilità stessa di quell’amore, il chiedermi ogni giorno “Ma la mia vita con te era avvenuta veramente, il nostro amore, intendo, era accaduto o esisteva solo nella mia testa? Perché io venivo cancellata dalle liste dei tuoi parenti? La vita fin qui condotta, che io credevo giusta e corretta, non era stata tale? Cosa avevo fatto di sbagliato per essere cancellata dalla tua vita”? Così, dal quel giorno infausto, per poter restare nella memoria del mio amore, ho scritto ai ministri dell’Interno e della Difesa, al presidente Ciampi e a sua moglie signora Franca, senza mai ricevere risposta. Allora mi sono presentata senza invito, come una ragazzina imbucata a una tragica festa, a tutte le commemorazioni che lo Stato ha celebrato. Finché al secondo anniversario, per impedirmi di entrare al Vittoriano dove il presidente Ciampi avrebbe consegnato ai parenti una onorificenza, sono stata letteralmente trascinata a terra sui sampietrini romani da tre agenti in borghese, come se il loro eroe lo avessi ucciso io. Per motivare la vergognosa discriminazione, due giorni dopo, sul sito della Difesa compare un articolo che spiega l’esclusione col fatto che Adele non è un’“avente diritto” all’onorificenza e conclude: va peraltro considerato che l’organizzazione del cerimoniale ha dovuto anche tener conto dei disagi già manifestatisi in occasione delle celebrazioni religiose del primo anniversario del tragico evento.
MA IO non chiedevo assegnazioni economiche, per quelle sono stata costretta a fare causa allo Stato. Sono anni che chiedo semplicemente di essere invitata a condividere assieme alle altre vedove il mio dolore. Ma per me, questo diritto non c’è mai. Ed è davvero surreale presupporre che io, vedova non istituzionale, possa arrecare disagio con la mia sola presenza, ai “titolati” partecipanti alla cerimonia.
Siamo gli unici in Europa, assieme alla Grecia, a non avere na tutela per le coppie di fatto. Paradossalmente però, nonostante da più parti politiche si voglia colmare il vuoto, anziché aggiungere, ai conviventi si sottraggono diritti.
All’indomani della tragedia, nel decreto per l’assegnazione dell’Indennizzo alle vittime, nell’elenco di priorità il convivente era posto subito dopo i fratelli a carico. Già quella era una norma ormai datata, non più rispondente a principi di laicizzazione politico-sociale, dove è ormai diffusa la “famiglia di fatto” che sotto il profilo giuridico ha gli stessi diritti della famiglia naturale. Nel decreto del 10 ottobre 2005 per la consegna della Croce d’onore invece, si legge: “l’onorificenza va alla moglie, in mancanza di questa ai figli, in mancanza di questi ai fratelli a carico, e infine, in mancanza di parenti, al comune di residenza”. Eliminata la figura della convivente, tranne poi darle diritti con un espediente creativo tutto italiano. A ottobre 2007, il militare D’Auria in coma profondo e la sua compagna, per assicurare a lei una pensione furono uniti in matrimonio in articulo mortis, dando validità giuridica a una norma del codice canonico in uno Stato che dovrebbe essere laico.
OGGI È il 12 novembre. Ancora una volta, per la commemorazione dell’ottavo anniversario, io non ho ricevuto alcun invito. Quando Stefano Rolla era vivo, nelle situazioni ufficiali aveva sempre accanto la sua compagna, Adele. Da morto, lo Stato elimina quella donna che lui si era scelto, ed eliminandola opera una censura. Uno Stato che taglia via una parte della vita dell’eroe che va a celebrare, ne fa un eroe mutilato, dimezzato. Perché assurge a moralizzatore, a Stato etico, significando che quella parte della sua vita che si vuole eliminare non è da esempio.
Che commemorazione è? Che tipo di onore si vuole tributare all’eroe?

Adele Parrillo, Il Fatto Quotidiano, 12 novembre 2011.

mercoledì 9 novembre 2011

A volte ritornano

Meglio controllare bene.

giovedì 3 novembre 2011

A Dio spiacenti, e a’ nemici sui

Stefano Fontana, «S’ode qualcosa di nuovo a sinistra», La bussola quotidiana, 3 novembre 2011:

Superare la vecchia cultura degli attuali dirigenti Pd non vuol dire solo aprire alla flessibilità e alla meritocrazia, dare l’e-book a tutti e fare imparare l’inglese fin da piccoli. Vuol dire anche uscire da una certa concezione della famiglia, della procreazione, della nascita e della morte ed andare verso una autentica solidarietà con tutti i poveri, tutti e non solo i cassintegrati o i giovani in cerca di lavoro. Su questo alla Leopolda si è stati reticenti.
Il Renzi che si autodefinisce “cattolico” promette il quoziente familiare e l’aumento degli asili nido. Promette perfino gli aiuti alla maternità contro la denatalità. Ma scivola sul riconoscimento delle coppie di fatto e non dice una sola parola sulla difesa del matrimonio, sull’aborto, sulle grandi questioni etiche della procreazione assistita, della sorte degli embrioni umani, sul fine vita, sul rispetto della persona dalla nascita alla morte naturale, sulla rivoluzione delle rivoluzioni ossia la concreta parità scolastica tra scuole statali e non, sul riconoscimento di una comune natura umana che non può essere messa a disposizione delle violenze della cultura.
I 100 punti della Leopolda sono solo delle proposte, dice Renzi, e tutti possono contribuire al loro arricchimento e alla loro modifica. Vedremo se queste fondamentali reticenze verranno chiarite in un senso o nell’altro.

Fiat iniustitia, pereat mundus

Era già abbastanza brutta, la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento in esame al Senato. Una legge che sequestra i corpi, violando la più elementare delle libertà. Che riduce i cittadini a eterni minorenni, incapaci di decidere cosa sia meglio per loro. Che li irride con la sua neolingua, vaneggiando di «alleanza terapeutica» là dove instaura in realtà il dominio terapeutico del medico sul paziente. Che causerà angosce, dolore, mortificazione, prima di essere cassata un giorno – com’è inevitabile – dalla Corte Costituzionale.

Ma c’è dell’altro. Perché questa legge infame, per essere approvata, ha bisogno di un ultimo passaggio parlamentare. E l’approvazione è stata garantita dall’attuale Presidente del Consiglio; quel Presidente del Consiglio che con le sue pagliacciate, i suoi crimini, la sua totale inettitudine, l’egoismo vorace, ha portato il nostro paese sull’orlo dell’abisso. L’unico servizio che costui potrebbe rendere sarebbe di scappare in uno dei suoi rifugi ai Caraibi; ma alcuni aspettano da lui ancora qualcosa. Per l’appunto, l’approvazione della legge sulle DAT. Che importa la rovina del paese, e forse quella dell’Europa, di fronte ai sacri principi non negoziabili? Fiat iniustitia, pereat mundus.

Probabilmente l’appoggio degli integralisti non è decisivo per la sopravvivenza di questa maggioranza; ma certo la loro responsabilità è ugualmente piena e pesantissima. Siamo in Italia, dove nessuno paga mai per niente; ma la possibilità di essere chiamati a rendere conto rimane. E il prezzo da pagare per il sostegno a questo clown, se le cose dovessero precipitare, potrebbe rivelarsi molto, molto amaro.

mercoledì 2 novembre 2011

Homo Sapiens