venerdì 28 settembre 2012

Gay, adozioni e scienziati col comunicato facile

Apro la mail e trasecolo: alle 16 di oggi Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale invia a noi giornalisti un comunicato stampa nel quale esprime “seria preoccupazione per la rapidità e la leggerezza con la quale, a livello mediatico, si stanno diffondendo informazioni superficiali e spesso, fuorvianti, sulle “Adozioni gay”, argomento molto delicato che andrebbe valutato con maggiore rigore scientifico, soprattutto per le ripercussioni che comporta sulla crescita e lo sviluppo del bambino”.
Di Daniela Ovadia, Mente e Psiche, 27 settembre 2012.

Costanza Miriano, o delle farneticazioni contraccettive

Foto di Lindsay Morris (gender-variant children)

In L’Aborto del giorno dopo - con la “A” maiuscola - Costanza Miriano concentra alcune delle farneticazioni più comuni, scelte con cura tra quelle asservite alla battaglia per confondere le idee e stabilire un codice di comportamento Universale (con la “U”) - il suo.
Quando la bugia da far passare è molto grossa è bene attrezzarsi subito, sin dalla scelta del nome. E così si chiama dipartimento all’educazione la struttura che ha deciso di distribuire gratuitamente nelle scuole superiori di New York la pillola del giorno dopo alle ragazze che ne facciano richiesta. Poi non ci sarà neanche più bisogno del consenso dei genitori, se hanno preventivamente aderito al programma di contraccezione preventiva, e qui è la bugia più grossa di tutte.
Miriano si riferisce a questa iniziativa, giudicata immorale, oscena, pericolosa, negazionista e abortiva. Che manca?
La pillola del giorno dopo, poiché appunto si prende il giorno dopo (anzi, entro 72 ore), non è affatto preventiva, e può o ritardare l’ovulazione, oppure, se il concepimento è avvenuto, impedire l’impianto di una nuova vita che già è cominciata, e quindi si tratta di un vero e proprio aborto in piena regola. C’è di mezzo insomma la vita di un bambino che viene interrotta.
La bugia più grossa di tutte, però, è proprio quella di Miriano. Se avesse avuto la voglia o la buona fede di cercare, avrebbe trovato i comunicati e gli articoli in cui si spiega il funzionamento della contraccezione d’emergenza. Avrebbe poi potuto leggere qualche fondamento di embriologia, magari un Bignami non dico un intero manuale. Ma no, non importano questi dettagli materialisti per chi difende la “Vita”, per chi chiama “bambino” poche cellule che forse nemmeno si impianterebbero o che magari diventerebbero due organismi in seguito (nel caso dei gemelli). Quelle sono una “Vita”, no, non solo, sono un bambino e quindi se prendi una contraccettivo sei un omicida. Ovviamente in seguito te ne renderai conto e ti pentirai per tutta la vita.
Per andare incontro alla pigrizia ecco alcuni link:

Il 6 giugno 2011 la Società Italiana della Contraccezione (SIC) e la Società Medica Italiana per la Contraccezione (SMIC) hanno redatto un documento comune, dal titolo “Position paper sulla contraccezione d’emergenza per via orale”.

World Health Organization sulla contraccezione.

http://ec.princeton.edu

Il gioco è ben riconoscibile (e ben noto): la vita - che diavolo significa? - e l’aborto e il bambino.
Ovviamente stiamo parlando di un ovocita non fecondato o di uno non annidato - questo sarebbe il “bambino” abortito con la contraccezione d’emergenza, che ovviamente non è più contraccezione ma un aborto!
Ma la parte più bella, in linea con il pensiero miraniano, è questa:
A me risulta piuttosto che uno dei passi principali della crescita sia imparare a prendersi responsabilità, smettere di dire “non è colpa mia, l’ho fatto per sbaglio”, cominciare a dire “ho fatto un errore, me ne prendo le conseguenze”. Ho visto tante vite rifiorire, quando una mamma si è fatta carico di quello che all’inizio sembrava un incidente di percorso, e invece è diventata occasione di conversione, e poi gioia infinita, cioè un bambino.
E tra l’altro qui non si vede quale sia il progresso tra abortire in ospedale, sapendo che lo si sta facendo, e abortire senza neanche esserne certe. Io penso che queste adolescenti, crescendo, potrebbero anche tormentarsi tutta la vita, nel dubbio che la bomba preventiva che hanno fatto esplodere nel loro utero abbia ucciso una vita, quella del loro bambino. Sarà ancora più difficile fare i conti con il lutto, se neanche si è certe di cosa si è fatto davvero. C’era mio figlio, lì dentro? L’ho ucciso?
Consiglierei di scagliarsi anche contro le spirali (iud) e, perché no?, contro i preservativi. Forse anche contro l’astinenza (forse lo ha fatto, sono io a essermi persa le precedenti puntate). Tutti i bambini potenziali eliminati da questi infernali meccanismi abortivi!
Miriano è uno degli esempi migliori della totale inutilità del sistema nervoso centrale (vedasi anche i suoi commenti sugli embrioni e sulla fluidità sessuale, se la prende a morte con il pezzo tradotto la settimana passata da Internazionale e pubblicato la scorsa estate dal New York Times).

giovedì 27 settembre 2012

Il giudice ordina l’aborto. La legge più forte della vita

Prima di pensare e commentare, leggere il pezzo di Dreyfus, pubblicato su Libero il 18 febbraio 2007 (prima e seconda pagina).

Una adolescente di Torino è stata costretta dai genitori a sottomettersi al potere di un ginecologo che, non sappiamo se con una pillola o con qualche attrezzo, le ha estirpato il figlio e l’ha buttato via.

Lei proprio non voleva. Si divincolava. Non sapeva rispondere alle lucide deduzioni di padre e madre sul suo futuro di donna rovinata.
Lei non sentiva ragioni perché più forte era la ragione dei cuore infallibile di una madre.

Una storia comune. Una bambina, se a tredici anni sono ancora bambine, si era innamorata di un quindicenne. Quando ci si innamora, capita: e così qualcosa è accaduto dentro di lei. Lei che era una bambina capiva di aspettare un bambino. Da che mondo è mondo non si è trovata un’ altra formula: non attendeva un embrione o uno zigote, ma una creatura a cui si preparava a mettere i calzini, a darle il seno.

I genitori hanno pensato: «È immatura, si guasterà tutta la vita con un impiccio tra i piedi».
Hanno deciso che il bene della ñglia fosse: aborto. In elettronica si dice: reset. Cancellare. Ripartíre da zero.
Strappare in fretta quel grumo dal ventre della bimba prima che quell’Intruso frignasse, e magari osasse chiamarli, loro tanto giovani, nonna e nonno. Figuriamoci.
Tutta ’sta fatica a portare avanti e indietro la pupa da casa a scuola e ritorno, in macchina con la coda, poi a danza, quindi in piscina. Ora che lei era indipendente, ecco che si sarebbero ritrovati un rompiballe urlante e la figlia con i pannolini per casa.

Il buon senso che circola oggi ha suggerito ai genitori: i figli devono essere liberi, vietato vietare. Dunque, divertitevi, amoreggiate. Noi non eccepiamo. Siamo moderni. Quell’altro che deve nascere però non era nei patti, quello è vietato, vietatissimo. Accettiamo che tutti facciano tutto, ma non che turbino la nostra noia.

Un magistrato allora ha ascoltato le parti in causa e ha applicato il diritto – il diritto! – decretando: aborto coattivo. Salomone non uccise il bimbo, dinanzi a due che se lo contendevano; scelse la vita, ma dev’ essere roba superata, da antico testamento.

Ora la piccola madre (si resta madri anche se il figlio è morto) è ricoverata pazza in un ospedale.
Aveva gridato invano: «Se uccidete mio figlio, mi uccido anch’io».

Hanno pensato che in fondo era sì sincera, ma poi avrebbero prevalso in lei i valori forti delle Maldive e della discoteca del sabato sera, cui l’avevano educata per emanciparla dai tabù retrogradi. Che vanno lavati con un bello shampoo di laicità. Se le fosse rimasto attaccato qualche residuo nocivo di sacralità, niente di male, ci vuole pazienza. E una vacanza caraibica l’avrebbe riconciliata dopo i disturbi sentimentali tipici dell’età evolutiva.

Non è stato così. La ragazzina voleva obbedire a qualcosa scritto nell’anima o – se non ci credete – in quel luogo del petto o del cervello da cui sentiamo venir su il nome del figlio. Ma no: non anima, né petto, né cervello.
Le dava dei calci proprio nella sua pancia che le dava il vomîto.
Una nausea odiosa, ma così rasserenante: più antica dell’effetto serra, qualcosa che sta alla fonte del nostro essere. Si sentiva mamma. Era una mamma.
Niente.
Kaput.
Per ordine di padre, madre, medico e giudice per una volta alleati e concordi. Stato e famiglia uniti nella lotta.

Ci sono ferite che esigerebbero una cura che non c’è. Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice.

Quattro adulti contro due bambini. Uno assassinato, l’altro (l’altra, in realtà) costretto alla follia.
Si dice: nessuno tocchi Caino, ma Caino al confronto avevale sue ragioni di gelosia. Qui ci si erge a far fuori un piccolino e a straziare una ragazzina in nome della legge e del bene.

Dopo aver messo in mostra meritoriamente questo scempio, il quotidiano torinese la Stampa che fa? Mette pacificamente in lizza due pareri. Sei per il Milan o l’Inter? Preferisci la carne o il pesce?

Non si riesce a credere che ci possano essere due partiti. Sì, perché in fondo la vera notizia è questa, e cioè che ci sia un’opinione ritenuta rispettabile e che accetti la violenza più empia che esista: il costringere una madre a veder uccidere il figlioletto davanti ai suoi occhi.
Non c’è neanche bisogno del cristianesimo. Basta l’Eneide di Vlrgjlio, la saggezza classica. L’orrore è quando i greci assassinano davanti agli occhi di Priamo il figlio.

Invece qui già ci sono`due partiti. Quello pro e quello contro. È incredibile. Come se fosse possibile fare un bel dibattito sul genocidio: uno si esprime a favore, il secondo è perplesso. Ma che bella civiltà, piena di dubbi.
Come scriveva Giovanni Testori, più battiti e meno dibattiti. Specie quando il battito di un innocente è stato soffocato con l’alibi della libertà e della felicità di una che non sa che farsene, se il prezzo è l’aborto.

Questo racconto tenebroso è specchio dei poteri che ci dominano. Lasciamo perdere i genitori, che riescono ormai a pesare solo come ingranaggi inerti.
Ma che la medicina e la magistratura siano complici ci lascia sgomenti. Però a pensarci non è una cosa nuova.
Nicola Adelfi propose, sempre sulla Stampa, l’aborto coattivo, in grado di eliminare i fastidiosi problemi dicoscienza, perle donne di Seveso rimaste incinta al tempo della diossina (2 agosto 1976).

Abbiamo udito qualcosa di simile aproposito di lager nazisti e di gulag comunisti. Ma che questo sia avvenuto in Italia e che abbia menti pronte a giustificarlo è orribile.
Qualche link utile:
Michael Braun, Libertà di diffamazione, Internazionale.
La Suprema Corte.
Dove sono tuti?
S’è fatta l’ora.

lunedì 24 settembre 2012

"Mamma, il mio maestro è razzista e ignorante".

Il suo argomento sarebbe il seguente:
Tuttavia da insegnante provo a immaginarmi un bambino di 6 – 7 anni che spiega ai compagni che lui ha una mamma maschio. Ho provato a pensare al figlio di un omosessuale che quando disegna la sua famiglia a differenza degli altri raffigura la mamma con la barba. E ancora ho pensato a come vivrebbero questa nuova dimensione gli altri bambini.

Da che mondo è mondo il bambino ha bisogno della figura della madre e del padre, della donna e dell’uomo. Il bambino che è rimasto per nove mesi nel ventre materno e ha vissuto l’esperienza del legame fisico con la madre attraverso l’allattamento, continua nei suoi primi anni di vita a riconoscere anche nella fisicità della madre un senso di protezione che un uomo non può dare. E’ un fattore senza dubbio anche fisiologico e fisico. Il papà è invece, colui che dà sicurezza, è la figura che ci ha rassicurato quando abbiamo preso in mano per la prima volta la bicicletta.

Mamma maschio? Mamma con la barba? No, non riesco nemmeno a commentare.
(Cominciare a leggere da qui).

I grassi non hanno colpe



Negli Stati Uniti il sovrappeso e l’obesità sono un grave problema sanitario e sociale. In molti Paesi industrializzati la percentuale di persone con problemi di peso aumenta vertiginosamente, con la complicità di uno stile di vita sedentario e frenetico. Non sono secondari il fattore economico e l’accesso a una corretta educazione alimentare: un fast food è più economico di un ristorante e ci vuole meno tempo a comprare un vassoio di cibo preconfezionato che a cucinarsi, magari tenendo sotto controllo le calorie. Servono solo qualche dollaro e un paio di minuti per acquistare un pasto ipercalorico.

Gli effetti collaterali dell’aumento di peso incidono sempre più sui costi sanitari e la diffusione dell’obesità infantile rischia di cronicizzare il fenomeno, rendendo sempre più difficile tornare indietro e arginare le conseguenze di 20 o 30 chili di troppo. Negli Stati Uniti quasi il 70% degli adulti e più del 30% dei bambini sono sovrappeso o obesi.
Patologie cardiovascolari, diabete, ma anche affaticamento cronico, depressione e vergogna appaiono come metastasi incontrollabili e, a volte, come un destino immutabile.

Di recente l’American Psychiatric Association ha introdotto 5 nuove categorie diagnostiche nell’area dei disturbi alimentari, tra cui il binge eating: mangiare compulsivamente e velocemente quantità eccessive di cibo.

Come invertire questa tendenza? Secondo un recente studio condotto da tre ricercatori dello Yale University’s Rudd Center for Food Policy and Obesity, e pubblicato sull’«International Journal of Obesity» pochi giorni fa, il segreto sta nel non nominare l’obesità e nell’evitare minacce e messaggi colpevolizzanti.
Lo studio, significativamente intitolato Fighting obesity or obese persons? («Combattere l’obesità o le persone obese?»), analizza la percezione pubblica dei messaggi delle campagne antiobesità.

Il Corriere della Sera, la Lettura #45, 23 settembre 2012.

lunedì 17 settembre 2012

L’astuzia evolutiva di un bambino che piange


Siamo andati sulla Luna, abbiamo inventato il computer e analizzato il nostro stesso processo evolutivo. Ma abbiamo anche dei comportamenti considerati ben meno eroici e degni di attenzione: sudiamo, abbiamo il singhiozzo, starnutiamo, sbadigliamo.
Proprio su questi comportamenti, abbastanza trascurati dagli scienziati, si concentra Robert Provine nel suo ultimo libro Curious Behavior: Yawning, Laughing, Hiccupping, and Beyond (2012, Belknap Press, 288 pagine). Provine, psicologo e neuroscienziato dell’Università del Maryland, li considera interessanti mezzi per comprendere come funziona il nostro cervello e come ci siamo evoluti e differenziati dalle specie a noi affini. Accusa anche di pedanteria quelli che non vogliono saperne di scoregge e pruriti - la cosiddetta small science non è affatto banale o meno importante delle auliche cugine. E poi avete mai provato a trattenere uno starnuto o a resistere dal grattarvi?
Non solo: spesso le più importanti scoperte scientifiche sono possibili grazie allo studio delle componenti elementari, dei più piccoli segmenti di quel sistema i cui meccanismi cerchiamo di illuminare.

Il Corriere della Sera, la Lettura di oggi.

domenica 9 settembre 2012

More Treatment, More Mistakes

According to a 1999 report by the Institute of Medicine, as many as 98,000 Americans were dying every year because of medical mistakes. Today, exact figures are hard to come by because states don’t abide by the same reporting guidelines, and few cases gain as much attention as that of Rory Staunton, the 12-year-old boy who died of septic shock this spring after being sent home from a New York hospital. But a reasonable estimate is that medical mistakes now kill around 200,000 Americans every year. That would make them one of the leading causes of death in the United States. Why have these mistakes been so hard to prevent?
More Treatment, More Mistakes, july 31 2012, The New York Times.

giovedì 6 settembre 2012

I cattivi consigli dell'empatia

Si sa: l'emotivismo, la cecità astorica e l'insofferenza per un approccio analitico-pragmatico ai problemi sono i carburanti del settarismo. E con le emozioni non si viene a compromesso. Ma se si usano solo le emozioni, evolutivamente selezionate anche per cacciare meglio in gruppo e spartirsi la selvaggina, succede che quando e dove l'esistenza gira male, gli animali, a meno che non siano protetti da qualche superstizione religiosa, vengono abusati in tutti i modi. Su consiglio diretto delle emozioni, che inducono a sopravvivere. Quando, come in Occidente, gira bene, gli altri animali ottengono un diverso genere di trattamento. Ora, se questo quadro è plausibile, e noi crediamo lo sia, chi ama gli animali non dovrebbe lasciarsi ipnotizzare delle prediche di Petrini, Dario Fo o Latouche, che propongono di diventare poveri o di tornare alla «scienza dei contadini». Che, quando erano ignoranti, erano anche i peggiori carnefici. Non solo verso gli animali.
Di Gilberto Corbellini e Simone Gozzano, Il Sole 24 Ore di domenica scorsa. Da leggere tutto.

L’anima? È solo un’illusione


Il nostro corpo è stato a lungo considerato come sede, momentanea e imperfetta, di un’anima immortale e immateriale. Con la fine o l’attenuazione della concezione religiosa dell’anima si sono alternati diversi agenti che hanno ripreso e incarnato alcune delle sue caratteristiche: dall’inconscio ai condizionamenti sociali, dalle emozioni alle passioni, tutti hanno ammiccato a un dualismo ontologico. La scienza ha sempre cercato di mettere in guardia gli uomini dal potere seduttivo di soluzioni facili, illusorie e lontane dalla corretta spiegazione dei fenomeni. “Ma è noto che l’uomo non ama conoscere la verità, soprattutto se lo riguarda da vicino, e preferisce le nozioni confuse e inverificabili che conducono al fiorire delle mitologie, passate e presenti” - scrive Edoardo Boncinelli in Quel che resta dell’anima (Rizzoli), un vero e proprio viaggio attraverso la tradizionale idea di anima e i suoi molteplici aspetti nel corso dei secoli. Un viaggio anche attraverso le parole, soprattutto quelle così cariche di significati da rendere ogni conversazione faticosa e spesso confusa. Sono le parole che Boncinelli chiama “parole-interruttore”, quelle che ci trascinano in una nebbia di frasi fatte e pregiudizi, che non riescono a scrollarsi di dosso il peso ideologico e che attivano in noi reazioni immediate e poco razionali.

Il Corriere della Sera, 6 settembre 2012.

mercoledì 5 settembre 2012

Tecniche di riproduzione artificiale in Costa Rica

In Costa Rica c’è l’unica legge più restrittiva della nostra. Dalla premessa che un ovulo fecondato debba essere considerato una persona ne deriva che siano illegali le tecniche riproduttive.
Sono almeno coerenti, non come la legge 40 e i suoi difensori: dopo avere stabilito lo statuto di soggetto per il concepito (termine bizzarro e impreciso) ne hanno però auotrizzato il suo sacrificio.

Come riportava un articolo dell’Osservatore Romano nel giugno scorso (Il Costa Rica rigetta la fecondazione in vitro):
Con 26 voti favorevoli e 25 contrari la Camera dei Rappresentanti del Costa Rica ha respinto il disegno di legge che avrebbe permesso la fecondazione in vitro nel Paese. Il progetto è stato accantonato a causa di una serie di incongruenze ravvisate nel costrutto della norma, giudicata, tra l’altro, contraddittoria e confusa. Con questa decisione, anche se con un risultato di stretta misura, il Governo del Costa Rica non si piegherà alle ripetute pressioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo esercitate sullo Stato centroamericano perché approvasse la fecondazione in vitro, entro il 31 luglio. Il processo appena conclusosi con tale decisione è stato avviato nel mese di agosto dello scorso anno. I vescovi del Costa Rica, in diverse occasioni, hanno espresso le loro obiezioni e opposizioni al progetto di legge, presentando in Parlamento la loro posizione riguardo al disegno di legge sulla fecondazione in vitro e sul trasferimento di embrioni, nell’intento di contribuire alla discussione parlamentare dalla prospettiva dell’antropologia cristiana, dell’etica e del magistero ecclesiale.
Nel mese di ottobre 2010, il presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di San José, monsignor Hugo Barrantes Ureña sollecitò il Governo a non approvare la normativa, in quanto «è una tecnica che, per raggiungere le sue finalità, elimina, nel suo processo, un grande numero di embrioni fecondati, cioè vite umane nascenti». Il presule, nell’esprimere «comprensione per gli sposi che non possono appagare il legittimo desiderio di avere figli» ha ricordato però che «un bambino è sempre un dono» e, di conseguenza, non può costituire un mero mezzo per «soddisfare un bisogno o desiderio, ma la sua inviolabile dignità di persona richiede di essere trattato sempre come un fine».
Joseph Ratzinger ha espresso la sua opposizione nelle Lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Costa Rica presso la Santa sede.
Gerardo Escalante López e Delia Ribas hanno raccontato che cosa vuol dire quel divieto:
qualche settimana fa il Costa Rica è stato sottoposto a un giudizio della Corte americana il quale ha riscontrato che il Paese ha violato i diritti riproduttivi dei propri cittadini. Speriamo che tra due anni la corte si potrà pronunciare a favore o contro la fecondazione in vitro. La cosa importante è che forse organismi di diritto internazionale per la prima volta giudicheranno questa materia e potranno determinare quali sono le responsabilità in capo ai governi in materia di riproduzione umana.
Oggi e domani la Corte interamericana dei diritti umani esaminerà il divieto della legge e ascolterà le ragioni giuridiche di chi considera quel divieto ingiustificabile, ingiusto e discriminatorio.
Caso Artavia Murillo y otros (Fecundación in vitro) vs. Costa Rica. L’udienza è pubblica e sarà possibile seguirla via streaming qui.