mercoledì 5 settembre 2012

Tecniche di riproduzione artificiale in Costa Rica

In Costa Rica c’è l’unica legge più restrittiva della nostra. Dalla premessa che un ovulo fecondato debba essere considerato una persona ne deriva che siano illegali le tecniche riproduttive.
Sono almeno coerenti, non come la legge 40 e i suoi difensori: dopo avere stabilito lo statuto di soggetto per il concepito (termine bizzarro e impreciso) ne hanno però auotrizzato il suo sacrificio.

Come riportava un articolo dell’Osservatore Romano nel giugno scorso (Il Costa Rica rigetta la fecondazione in vitro):
Con 26 voti favorevoli e 25 contrari la Camera dei Rappresentanti del Costa Rica ha respinto il disegno di legge che avrebbe permesso la fecondazione in vitro nel Paese. Il progetto è stato accantonato a causa di una serie di incongruenze ravvisate nel costrutto della norma, giudicata, tra l’altro, contraddittoria e confusa. Con questa decisione, anche se con un risultato di stretta misura, il Governo del Costa Rica non si piegherà alle ripetute pressioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo esercitate sullo Stato centroamericano perché approvasse la fecondazione in vitro, entro il 31 luglio. Il processo appena conclusosi con tale decisione è stato avviato nel mese di agosto dello scorso anno. I vescovi del Costa Rica, in diverse occasioni, hanno espresso le loro obiezioni e opposizioni al progetto di legge, presentando in Parlamento la loro posizione riguardo al disegno di legge sulla fecondazione in vitro e sul trasferimento di embrioni, nell’intento di contribuire alla discussione parlamentare dalla prospettiva dell’antropologia cristiana, dell’etica e del magistero ecclesiale.
Nel mese di ottobre 2010, il presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di San José, monsignor Hugo Barrantes Ureña sollecitò il Governo a non approvare la normativa, in quanto «è una tecnica che, per raggiungere le sue finalità, elimina, nel suo processo, un grande numero di embrioni fecondati, cioè vite umane nascenti». Il presule, nell’esprimere «comprensione per gli sposi che non possono appagare il legittimo desiderio di avere figli» ha ricordato però che «un bambino è sempre un dono» e, di conseguenza, non può costituire un mero mezzo per «soddisfare un bisogno o desiderio, ma la sua inviolabile dignità di persona richiede di essere trattato sempre come un fine».
Joseph Ratzinger ha espresso la sua opposizione nelle Lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Costa Rica presso la Santa sede.
Gerardo Escalante López e Delia Ribas hanno raccontato che cosa vuol dire quel divieto:
qualche settimana fa il Costa Rica è stato sottoposto a un giudizio della Corte americana il quale ha riscontrato che il Paese ha violato i diritti riproduttivi dei propri cittadini. Speriamo che tra due anni la corte si potrà pronunciare a favore o contro la fecondazione in vitro. La cosa importante è che forse organismi di diritto internazionale per la prima volta giudicheranno questa materia e potranno determinare quali sono le responsabilità in capo ai governi in materia di riproduzione umana.
Oggi e domani la Corte interamericana dei diritti umani esaminerà il divieto della legge e ascolterà le ragioni giuridiche di chi considera quel divieto ingiustificabile, ingiusto e discriminatorio.
Caso Artavia Murillo y otros (Fecundación in vitro) vs. Costa Rica. L’udienza è pubblica e sarà possibile seguirla via streaming qui.

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